Fuochi d'artificio
#36 – Basket, cultura, lifestyle: qui trovi notizie di fine anno, una ricorrenza di questa newsletter e lo Shootaround
Ciao, Niccolò Mannion è finito a Varese, dopo Golden State, Virtus Bologna e Baskonia: però ci credo ancora. Forza Nico!
Io sono Francesco Mecucci e questo è il numero 36 di Galis, la newsletter del mio blog Never Ending Season, dove ti parlo di basket come cultura e stile di vita.
Nella scorsa uscita – se te la sei persa, recuperala qui - ho raccontato Giannis Antetokounmpo attraverso l'evoluzione degli strumenti digitali, la partnership tra Pistoia e Gonzaga e il ricordo di Roberta Serradimigni.
Oggi è il 31 dicembre e... no, qui non troverai “il meglio del 2023” né “i buoni propositi per il 2024”. E neppure un tema principale.
Per chiudere l'anno in scioltezza vado random con una serie di “fuochi d'artificio” sulle continue e immancabili connessioni tra palla a spicchi e società contemporanea.
Prima di tutto, però, c’è una ricorrenza!
Tre anni di Galis
Il numero di Galis che hai sotto gli occhi completa i primi tre anni di questa newsletter, nata a gennaio 2021 (qui puoi rileggere la prima uscita).
Ti ringrazio di cuore per dedicare del tempo a ciò che ho da dire sulla mia – e immagino anche tua – grande passione, la pallacanestro, che tu sia iscritto o la stia leggendo da “esterno”, magari attraverso la piattaforma MINDIT (se ami le newsletter di qualità, te la consiglio vivamente).
Galis è sempre gratuita ed esce l'ultimo giorno del mese. E intendo di tutti i mesi, inclusi il 31 luglio e, appunto, il 31 dicembre, quando probabilmente potresti essere altrove, con la mente e con il fisico. Ti ricordi come si chiama il mio blog? Esatto, Never Ending Season! Perché il basket non si ferma mai, ci accompagna sempre con il suo enorme patrimonio di storie, emozioni, curiosità, connessioni con il mondo che ci circonda. E infatti amo raccontarlo attraverso tutto ciò che tocca al di fuori delle partite, dei numeri, dell'aspetto tecnico-tattico.
Sono sincero: la mia newsletter non ha un numerosissimo pubblico di iscritti, almeno non come quello delle newsletter più popolari che forse sei abituato a leggere. Ma è una platea ben qualificata, perché oltre ai semplici appassionati di pallacanestro, include giornalisti di testate nazionali, locali e specializzate, dirigenti di club, allenatori, giocatori/giocatrici in attività o ex, autori e responsabili di pagine social e podcast, esponenti della scena playground, addetti ai lavori a vario titolo.
Secondo le statistiche, Galis ha un open rate (cioè la percentuale di iscritti che aprono effettivamente il messaggio una volta ricevuto sulla propria casella email) mediamente superiore al 60%, che è considerato un buon risultato per una newsletter. Ti ricordo che la mia è un'attività completamente amatoriale: se per caso vuoi offrirmi un piccolo sostegno volontario, puoi farlo qui con un “caffè virtuale” sulla piattaforma Ko-fi. Qualsiasi contributo mi sarà utile per fornirti un servizio ancora migliore.
In ogni caso, ti sarei grato lo stesso – ci mancherebbe! – se spargessi la voce per far conoscere Galis sempre di più e per portare nuovi iscritti.
Ora un po' di notizie.
Deserto Oakland
Il 13 giugno 2019 andava in scena l'ultima partita alla Oracle Arena di Oakland, California: i Toronto Raptors conquistavano, in gara 6 delle finali, il loro primo titolo NBA, battendo i padroni di casa dei Golden State Warriors. Dalla stagione successiva, dopo cinque Finals consecutive e quasi mezzo secolo di residenza alla Oracle, la franchigia si sarebbe trasferita nel nuovo e lussuoso Chase Center di San Francisco. Da allora, la vecchia arena aperta nel 1966 ha ospitato soltanto concerti e spettacoli.
Esattamente lì accanto sorge l'Oakland Coliseum, costruito negli stessi anni della Oracle Arena. Dal 1968 è la casa degli Oakland Athletics di baseball ed è uno degli stadi storici della MLB. Certo, non così storico come il Fenway Park di Boston e il Wrigley Field di Chicago, impianti di inizio Novecento trattati come veri e propri monumenti, ma è comunque uno dei più longevi tra quelli in uso. Il problema è che, purtroppo, non è esattamente un monumento: se la passa piuttosto male, non c'è in agenda la costruzione di un nuovo stadio e nello sport professionistico USA questo può significare, in molti casi, il trasferimento della squadra in un’altra città.
La stagione 2024 – il baseball va con l'anno solare, da primavera ad autunno – dovrebbe essere l'ultima degli Athletics a Oakland, che salvo cambiamenti saluteranno il Coliseum il prossimo 26 settembre nella partita contro i Texas Rangers. Si trasferiranno a Las Vegas presumibilmente dal 2027, cercando nel frattempo una collocazione temporanea, in attesa che sia pronto il nuovo ballpark sulla Strip. E così sono destinati a lasciare Oakland, dove erano arrivati da Kansas City nel 1968 (prima ancora, dal 1901 al 1954, erano stati a Philadelphia, come gli stessi Warriors del basket dal 1956 al 1962), dopo quattro titoli vinti (1972, 1973, 1974 e 1989) e una notorietà dovuta soprattutto al general manager Billy Beane e alle vicende narrate nel film Moneyball con Brad Pitt, che narra l’introduzione delle statistiche avanzate in questo sport, in grado di fare scuola per tutti gli altri, basket compreso.
In conseguenza di tutto ciò, la città californiana, che nel 2019 aveva visto andarsene pure il football NFL (la lega più ricca in assoluto) con il trasferimento dei Raiders anch'essi a Las Vegas, perderà così l'unica franchigia professionistica rimasta sulla propria sponda della Baia. Si potrebbe obiettare che gli Warriors sono andati a giocare a San Francisco, ad appena un Bay Bridge di distanza. Ma non potrebbero essere due universi più differenti: da un lato la luccicante “Frisco”, una delle città più care ed esclusive al mondo, dall'altro la dura, operaia e difficile Oakland, sul cui asfalto si sono forgiati giocatori come Jason Kidd, Gary Payton, Damian Lillard. Oakland è da anni alle prese con profondi problemi e disuguaglianze che colpiscono il tessuto socio-economico locale, ulteriormente accresciuti dalle dinamiche connesse all’evoluzione della Silicon Valley. E sia gli organi amministrativi locali sia i privati non sembrano interessati a investire sullo sport.
Così i gloriosi Athletics, contraddistinti dagli iconici colori giallo-verde, prenderanno il volo per la luminosa città nel deserto del Nevada, la nuova terra promessa dello sport professionistico americano, che vi è già sbarcato in pianta stabile negli ultimi anni con i Golden Knights (hockey su ghiaccio), i suddetti Raiders (football) e le Aces due volte campionesse di basket femminile WNBA. E in quella “Sin City” un tempo vista dallo sport come Sodoma e Gomorra a causa delle scommesse libere, sono arrivati anche un gran premio di Formula 1 e il prossimo Super Bowl NFL. Ma, come già spiegavo in Galis #17, i tempi sono cambiati, il gioco d'azzardo nello sport è stato liberalizzato praticamente ovunque, quindi tanto vale considerare Las Vegas come le altre città.
E la NBA? Ci sono tutte le sensazioni affinché arrivi presto una franchigia, magari con LeBron James tra i proprietari, assecondando l'ennesimo sogno messo in agenda dal Re nella sua formidabile carriera di atleta e businessman. Intanto Las Vegas è diventata una sorta di sede di rappresentanza per la lega guidata dal commissioner Adam Silver: dopo il preludio dell'All-Star Game 2007 e oltre alle Aces di WNBA, è base della Summer League, della franchigia “federale” G League Ignite e ha ospitato la Final Four del nuovo NBA In-Season Tournament. Ci sono già un paio di arene pronte per la NBA e un'altra in progetto. Manca solo lo sbarco definitivo, per cui non esistono ancora orizzonti certi, ma le probabilità sono molto forti. Ne riparleremo.
Che fine faranno i due impianti storici di Oakland, il Coliseum e la Oracle Arena? Non si conosce ancora il loro destino, ma negli Stati Uniti è piuttosto normale ipotizzare una futura demolizione, se venissero dismessi o diventassero troppo poco utilizzati, non garantendo più un ritorno economico a chi li gestisce.
Ultima Chance
Le uccisioni di donne sono purtroppo pane quotidiano per media e opinione pubblica e anche il mondo del basket non ne è immune. Un giocatore di G League dal nome piuttosto particolare, Chance Comanche, ha confessato l'omicidio dell’assistente medica ventitreenne Marayna Rodgers, perpetrato in complicità con l'ex compagna Sakari Harnden. Tanto per restare in zona, il delitto è avvenuto a Las Vegas e il corpo della giovane ritrovato nel sobborgo di Henderson, a sud della città.
Intanto, è necessaria una precisazione. Se hai già appreso questa notizia dai giornali italiani, potresti aver letto un po' ovunque che un “giocatore NBA” è stato fermato per omicidio. In realtà Comanche, 27 anni, dopo due anni al college ad Arizona, ha vestito la divisa di una squadra NBA una sola volta, il 9 aprile 2023, in un'insignificante partita di fine regular season persa 157-101 dai suoi Portland Trail Blazers contro i Golden State Warriors: 7 punti e 3 rimbalzi in 21 minuti il bottino di Chance. Per il resto ha sempre militato in G League, la lega di sviluppo della NBA, eccetto una parentesi nella seconda divisione turca con lo Yeni Mamak Spor di Ankara e un'altra nella sconosciuta lega minore americana The Basketball League con gli Enid Outlaws (“Fuorilegge”, un nome beffardamente premonitore, verrebbe da dire). Prima del fattaccio militava negli Stockton Kings, affiliata di Sacramento.
Secondo i rapporti della polizia riferiti dai media statunitensi, l'omicidio di Marayna Rodgers è avvenuto nelle prime ore del 6 dicembre. La sera del 5 la donna, proveniente dallo stato di Washington e in breve vacanza a Las Vegas, era uscita con alcuni amici e a un certo punto aveva in programma di incontrarsi da sola con Harnden, la diciannovenne che aveva avuto una relazione con Comanche e con il quale era rimasta in contatto. Non è chiaro quale fosse il rapporto tra le due ragazze, si parla di un orologio di lusso conteso tra loro.
Sta di fatto che Harnden avrebbe coinvolto Rodgers portando con sé anche Comanche, che era in trasferta a Las Vegas con gli Stockton Kings, in un incontro a tre a sfondo sessuale, dietro una ricompensa di un migliaio di dollari. Durante un gioco erotico in auto, i due, dopo aver immobilizzato Rodgers legandola al sedile, l’avrebbero strangolata con un cavo HDMI. Il cadavere è stato gettato in un fosso a Henderson, nell'area brulla di Vincenzo Lane, dove nei giorni seguenti la polizia lo ha ritrovato proprio su indicazione dello stesso Comanche.
Sempre secondo gli agenti, il piano per uccidere Marayna Rodgers risalirebbe agli ultimi giorni di novembre e Chance Comanche e Sakari Harnden avevano anche un terzo complice, di nome Tre (!), che si sarebbe tirato indietro. Tornato a Stockton con la squadra, Comanche è stato arrestato dagli agenti dell'FBI che hanno fatto irruzione nel centro di allenamento. Dopo l'incarcerazione a Sacramento, le ultime cronache riportano che è in attesa di estradizione in Nevada con le accuse di omicidio e associazione a delinquere.
Insomma, una storia molto triste. Mi ha fatto venire in mente quella di Javaris Crittenton (anche se del tutto diversa) e lascia una profonda inquietudine sul contesto sociale e valoriale che in certi casi circonda gli atleti professionisti.
That's Mamba
Il 20 gennaio saranno già trascorsi quattro anni dalla scomparsa di Kobe Bryant. La sua memoria e il suo spirito, riuniti sotto l'espressione Mamba Mentality, sono però più presenti che mai nell'immaginario di tutti coloro che amano il basket. Da alcuni giorni Nike Basketball ha lanciato la campagna That's Mamba, che accompagna l'uscita della scarpa Kobe 4 Protro Black Mamba e una capsule collection dedicata. Attraverso giganti cartelloni pubblicitari diffusi in tutti gli Stati Uniti, in particolare nelle maggiori città tra cui ovviamente New York, e brevi spot video, si punta ancora una volta a sottolineare l'ossessiva determinazione ed etica del lavoro con cui Kobe ha costruito la sua carriera e i suoi successi, diventando uno dei più forti giocatori di tutti i tempi.
Le immagini presenti sui cartelloni sono fotografie di alcuni dei momenti più esemplari del suo percorso, in particolare dei periodi in cui, con durezza mentale e perseveranza straordinarie, ha affrontato ostacoli e avversità. Uno degli spot, inoltre, ha come protagonista una ragazza che si appresta a effettuare un tiro libero con la mano sinistra, in quanto ha la destra ingessata. Un richiamo alla foto di un allenamento con i Lakers nel 1999, presente nella campagna Nike, in cui Kobe si trovò nella stessa situazione. Puoi vedere il video qui, mentre qui ce n'è un altro molto bello sempre dedicato alla Mamba Mentality.
Tra i momenti di Kobe scelti da Nike c'è la shush celebration, cioè quando Kobe zittì avversari e pubblico dopo aver segnato la tripla che di fatto chiuse la leggendaria finale olimpica di Pechino 2008 tra Stati Uniti e Spagna. Oltre a comparire nei manifesti, quell'immagine è stata riprodotta in un murale presso i famosi playground di Venice Beach a Los Angeles, la nota area di impianti sportivi lungo Ocean Front Walk, cambiando così il volto di un campetto figurante in vari film, da Chi non salta bianco è ad American History X (nella scena della partita di basket tra neonazisti e afroamericani). L'opera, infatti, ricopre interamente il muro dell’edificio che fa da sfondo a uno dei rettangoli di gioco, su cui campeggiava la familiare e ormai deteriorata scritta “Venice Beach Recreation Center – Department of Recreation and Parks – City of Los Angeles”. Ora lì, invece, c'è Kobe con l'indice alla bocca (foto @dustholland).
Casa Reggiana
Nella pallacanestro italiana, anche se con la solita lentezza che caratterizza il nostro paese nel rinnovamento degli impianti sportivi, si sta tuttavia muovendo qualcosa in fatto di palasport: i progetti di Bologna lato Virtus, Brindisi, Cantù, Udine sono in rampa di lancio e ci sono club che stanno concretizzando un altro importante aspetto per il basket di oggi, quello del centro di allenamento. È il caso di Tortona, che già dispone della sua “cittadella” presto affiancata dalla nuova arena in costruzione, e ora anche di Reggio Emilia, che ha presentato un affascinante progetto in stile NBA: la Casa Biancorossa.
La Pallacanestro Reggiana realizzerà il proprio quartiere generale attraverso la riqualificazione del Capannone 15/A di Reggiane Parco Innovazione, il complesso rigenerato delle storiche Officine Meccaniche Reggiane, a breve distanza dalla stazione ferroviaria e dal Campovolo, che oggi ospita un polo internazionale di servizi e funzioni. Così, dopo l'importante ristrutturazione del PalaBigi, il club reggiano potrà contare su nuove strutture di proprietà in cui riunire tutta l'attività, sportiva e non, dal management agli allenamenti della prima squadra, passando per giovanili e minibasket, e condividere lo stesso modus operandi e la stessa identità.
L'intervento restituirà un complesso su tre livelli di 11.000 metri quadrati tra aree all'aperto e al chiuso, in base al progetto firmato dall'architetto Andrea Oliva. Sarà composto da tre campi regolamentari, di cui il principale con tribuna da 500 spettatori, spogliatoi, uffici del club, un'area ristorazione, un centro fisioterapico, una palestra pubblica, negozi, sala convegni e altri ambienti. Nella speranza che non rimanga solo un rendering (intanto puoi vederlo qui), questo progetto sembra davvero qualcosa di avveniristico per il basket italiano.
Gigi, libri e minibasket
Che la lettura sia una grande passione di Gigi Datome è risaputo. L'ex giocatore e capitano della Nazionale italiana, appena nominato capo delegazione azzurro, è solito consigliare e recensire libri sui social ed è inoltre autore di un volume a fumetti, Il gigante del campetto, edito da Il Battello a Vapore. Racconta la storia di due compagni di scuola media, Cesare e Gianna, decisi a realizzare il sogno di giocare a basket i quali, con la guida di un gigante barbuto conosciuto al playground, scopriranno che per avere successo non basta allenarsi, ma ci vogliono anche coraggio, empatia e fiducia nei propri compagni.
Il libro per ragazzi di Datome è al centro dell'iniziativa Bookforlife, che coinvolge i più piccoli unendo lettura e pallacanestro, per promuovere un approccio educativo in grado di coniugare sport e crescita personale, insegnando a bambine e bambini a prendere in mano un libro oltre che un pallone. Il progetto, promosso dalla FIP, prevede la distribuzione di copie de Il gigante del campetto a tutte le società italiane attive nel minibasket – ad oggi sono oltre 2000, per un totale di circa 140.000 mini atleti tesserati, un trend in crescita – con l'impegno di creare un angolo dedicato al booksharing dove condividere i libri con compagni di gioco, amici e famiglie.
Queste le parole di Gigi Datome riportate nel comunicato della Federazione Italiana Pallacanestro:
I miei anni di minibasket sono stati speciali, divertimento puro. Il consiglio che mi sento di darvi è quello di scegliere di giocare e le amicizie che poi porterete avanti nel corso della vostra vita. Quando sono stato contattato da “Il Battello a vapore” sono stato felice di partecipare al progetto, che mi permetteva di diffondere idee e valori che sposo e condivido. Grazie a tutti voi, istruttori e istruttrici, genitori. So che non tutti questi ragazzi diventeranno giocatori di basket però vi posso assicurare che vi divertirete perché crescerete con i valori fondanti dello sport. Buona lettura a tutti.
In occasione della presentazione di Bookforlife, avvenuta a inizio dicembre a Milano, il bravissimo illustratore Davide Barco ha consegnato a Gigi questo splendido lavoro:
Shootaround – Consigli di lettura, ascolto, visione, condivisione
Il 21 dicembre si è celebrato per la prima volta il World Basketball Day: ne parlo qui.
E qui illustro il logo ufficiale degli Europei 2025.
Luca Mich, che ho intervistato in Galis #33 sul rapporto tra pallacanestro e musica, ha sfornato un episodio a sorpresa del podcast Better Go Soul dedicato a New York, tra basket e hip hop. Ascoltalo qui.
Giulia Cicchinè di Eurosport è stata ospite di Bruschetta Podcast, il podcast interattivo per imparare l'inglese condotto da Samuele Brusca. Da non perdere, verso la fine, la Accent Challenge!
Tempo addietro c'era stato anche Matteo Soragna: guardalo qui.
Non è mai troppo tardi per iniziare a giocare a basket: Chiara Scardaci racconta qui la sua esperienza con una squadra amatoriale.
Ci sono invece sedicenni con contratti milionari grazie al NIL: Branson Wright di Andscape parla delle sponsorizzazioni della stellina liceale Darryn Peterson. L’articolo qui. (in inglese)
Riccardo Pratesi de La Gazzetta dello Sport ha trascorso alcuni giorni a Philadelphia per seguire NBA e NCAA. Ci racconta tutto nella rubrica Prat Attack sul canale YouTube dei BIG3. Da ascoltare qui.
E proprio uno dei BIG3, Davide Torelli, presenta il suo ultimo libro, la biografia di Shaquille O'Neal edita da Diarkos, nel salotto letterario de Il Monito.
Stefano Belli presenta invece Anni Dieci (Ultra Edizioni) sul canale YouTube di NBA Passion: eccolo.
Jared Ebanks di SLAM ha intervistato Damon Stoudamire, point guard ex Toronto e Portland oggi allenatore di Georgia Tech. (in inglese)
Il Post superstar: prima parla della tecnica di tiro libero di Jeremy Sochan degli Spurs e poi analizza tutti i modi non convenzionali escogitati dai giocatori per essere efficaci dalla lunetta.
Intanto, dopo tredici anni, l'arena degli Orlando Magic ha cambiato nome: scopri come si chiama ora su Sportico. (in inglese)
Qui trovi tutti i numeri di SBAM Magazine, rivista tecnica gratuita da sfogliare o scaricare.
Infine la schiacciata di Rayjon Tucker della Reyer Venezia è assolutamente da rivedere, da tutte le angolazioni. Entra in questo post Instagram e strabiliati!
Conclusioni
Eccoci alla fine di questo numero 36 di Galis. Spero che ti sia piaciuto e che continuerai a ricevere la newsletter.
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È tutto, ci vediamo il 31 gennaio. Ciao e auguri di un felice 2024!