No excuse. Just produce
#19 – Basket, cultura, lifestyle: qui trovi la pallacanestro 40 anni fa, i tornei estivi e altre cose per agosto
Ciao, agli americani bastano tre o quattro parole per raccontarti un mondo. Il titolo che vedi sopra è infatti il motto della Drew League, di cui trovi qualcosa più avanti.
Io sono Francesco Mecucci e questo è il diciannovesimo numero di Galis, la newsletter del mio blog Never Ending Season, dove ti parlo di basket come cultura e stile di vita.
Nell'ultima uscita (leggila qui, nel caso ti fosse sfuggita) ho scritto di fallimenti e rinascite dei club italiani e appunti sparsi sulla serie tv Winning Time.
Oggi, visto che siamo alle soglie di agosto, ti lascio un paio di divagazioni sui tornei estivi e altre cose da leggere durante le vacanze, sempre che tu vada in ferie in questo periodo. Partiamo!
Il basket 40 anni fa
Il 10 luglio ho raggiunto un traguardo personale di rilievo: ho compiuto 40 anni. Non mi sembra vero, ma questi sono. E se mi hai appena chiamato “vecchio”, ti cancello dalla newsletter! Scherzi a parte, ho sempre associato il mio compleanno a un evento di calcio, non di basket: sono nato, infatti, il giorno prima della famosa Italia-Germania, la finale dei mondiali 1982. Ho rivisto quelle immagini, o me le hanno raccontate in famiglia, tante di quelle volte che mi sembra quasi di esserci stato, nonostante avessi poco più di ventiquattro ore di età.
Per questo non mi è mai venuto in mente di andarmi a ricercare cosa successe in quell'anno nella pallacanestro. Così lo faccio ora, quattro decenni dopo – eh sì, un po' vecchio lo sono – qui su Galis. Come era il basket nel 1982?
Circa un mese prima della mia nascita, i Los Angeles Lakers conquistano il titolo NBA battendo 4-2 nelle Finals i Philadelphia 76ers. In gara 6 Jamaal Wilkes mette a segno 27 punti, mentre Magic Johnson registra una curiosa tripla doppia: 13 punti, 13 rimbalzi, 13 assist. Lo stesso Magic è nominato MVP delle finali, per la seconda volta in carriera, dopo il sorprendente exploit da matricola di due anni prima, nella stagione 1979-80. Proprio quella raccontata da Winning Time (se non l'hai ancora vista, ti consiglio nuovamente di farlo). Per i Lakers il 1981-82 è il primo campionato con Pat Riley in panchina, che prende il posto di Paul Westhead dopo appena sei partite: un passaggio che apre a tutti gli effetti l'era dello Showtime.
E gli acerrimi rivali, i Boston Celtics di Larry Bird, campioni uscenti? La loro corsa si ferma in finale di conference per mano dei Sixers di Julius Erving, che possiamo considerare la terza protagonista del decennio. C'è un momento di quei playoff che va ricordato: negli istanti finali della decisiva gara 7 a Boston, i tifosi dei Celtics riconoscono la sconfitta rivolgendo in coro agli avversari il celebre grido “Beat L.A.! Beat L.A.!”, in vista della serie in cui, invece che i verdi, sarebbe stata Philadelphia a contrapporsi agli odiati Lakers.
Il 1982 è anche l'anno del primo grande acuto di un certo Michael Jordan. Matricola a North Carolina, è lui a regalare il titolo NCAA ai Tar Heels nella finale andata in scena al Superdome di New Orleans. Il suo tiro decisivo, negli ultimi secondi, è uno dei tre canestri di Jordan che sono definiti The Shot. Ti ricordi quali sono gli altri due? La soluzione te la scrivo in fondo alla newsletter, come nei giochi enigmistici con cui magari stai passando il tempo sotto l'ombrellone.
Se guardi bene le immagini del tiro di Jordan, noterai sul parquet l'assenza della linea del tiro da tre. In NCAA, infatti, viene introdotta solo nel 1986, mentre in NBA aveva debuttato nel 1979 e nel basket FIBA nel 1984.
Nel 1982, dalle nostre parti, a laurearsi campione d'Italia è l'Olimpia Milano sponsorizzata Billy, con allenatore Dan Peterson. In campo Dino Meneghin, Vittorio Gallinari, Roberto Premier, Mike D'Antoni e l'altro americano John Gianelli. La sua stoppata su Mike Sylvester della Scavolini Pesaro, in gara 2, vale la vittoria del ventesimo scudetto, quello della seconda stella, vinto nel palasport di San Siro, il grande impianto che di lì a pochi anni andrà incontro a un triste destino (ne ho trattato in questo post sul profilo Instagram del mio blog). Curiosa la presenza, nella serie A1 del 1981-82, di un derby di Venezia tra Reyer e Mestre.
Per quanto riguarda le coppe europee, ricalcano più o meno il modello calcistico di allora. C'era la Coppa dei Campioni (oggi Eurolega), riservata alle vincitrici dei campionati nazionali, che nel 1982 è vinta da Cantù con protagonisti Marzorati, Kupec, Flowers, un giovane Antonello Riva e Valerio Bianchini allenatore. In finale i brianzoli battono il Maccabi Tel Aviv. Quindi, la Coppa Korac, assimilabile più o meno alla Coppa UEFA di calcio: la vince il Limoges superando gli jugoslavi e futuri croati del Sibenik e la stessa situazione si ripete nel 1983. Infine, la Coppa delle Coppe, la competizione per le squadre detentrici della coppa nazionale, è sollevata dal Cibona Zagabria, altro club jugoslavo e futuro croato, che vince sul Real Madrid e interrompe un dominio italiano che durava da sei anni.
Oltre che di quelli di calcio, il 1982 è stato l'anno dei mondiali di basket, torneo che però godeva di molto meno appeal rispetto a oggi. Tanto che si disputa in un paese che non ha alcuna tradizione cestistica, la Colombia, e l'Italia, medaglia d'argento olimpica in carica, rinuncia persino a partecipare a causa delle difficoltà logistiche. L'Unione Sovietica del “colonnello” Gomelsky vince in finale per un solo punto sugli Stati Uniti, nella “classica” della guerra fredda, tanto per ricordare quanto quarant'anni fa a essere diverso è tutto il mondo, non solo lo sport. Gli USA, all'epoca, schierano ancora una selezione universitaria, in cui spiccano Glenn “Doc” Rivers e Antoine Carr. L'MVP dei mondiali, però, è un misterioso panamense, Rolando Frazer, top scorer della manifestazione con la maglia della nazionale centroamericana.
In ogni caso, lasciando perdere partite, nomi e risultati, per prendere coscienza del fatto che sia davvero passata una vita, ti è sufficiente osservare una qualsiasi immagine di pallacanestro degli anni '80: pantaloncini cortissimi, calzettoni al ginocchio, baffi e mullet in abbondanza sulle teste dei giocatori, zero tatuaggi, fisici tutt'altro che pompati, ritmi di gioco lenti e compassati. Un'altra epoca, un altro basket, che forse non cambierei con quello odierno, ma pur sempre con la sua bellezza. E se vuoi dare un'occhiata a come era l'Italia nel 1982, ecco una straordinaria photogallery di Sky Sport.
Drew League tra L.A. e... Bologna
Sai cosa significa, in gergo sportivo americano, Pro-Am? Con questa definizione si indicano tornei, leghe e partite di esibizione in cui atleti professionisti e atleti amatoriali si ritrovano insieme sullo stesso campo, nella stessa competizione, nella stessa squadra o diretti avversari.
Quindi, nel basket, Pro-Am è quando giocatori NBA condividono parquet o cemento con colleghi che magari giocano in giro per il mondo in campionati di secondo piano (come questo, ad esempio) o che non hanno mai fatto parte di una squadra e si sono costruiti una reputazione esclusivamente nello streetball (come molte leggende del Rucker Park narrate in uno splendido libro).
Questo è il “sale” del basket d'estate e dei tornei più o meno organizzati che nei mesi caldi vanno in scena sui playground o in piccole palestre scolastiche. Dove conta solo ciò che metti in campo e non da dove provieni, quanti soldi hai o cosa c'è scritto sul tuo curriculum: una volta finita la partita, ognuno torna alla sua vita, ma all'interno di quel rettangolo si è tutti sullo stesso piano. In questa stagione così rovente non solo dal punto di vista meteorologico, a tenere banco è stata in particolare la Drew League di Los Angeles, uno dei tornei estivi più rinomati degli Stati Uniti e del mondo, che ha effettuato un'importante sortita proprio in Italia, a Bologna.
All'edizione 2022 a L.A. hanno preso parte anche LeBron James e DeMar DeRozan, protagonisti di una partita già consegnata agli annali della Drew League. Compagni nel team dei MMV Cheaters, il Re dei Lakers ha totalizzato 42 punti e 16 rimbalzi, mentre la guardia dei Chicago Bulls, nata a Compton e che debuttò nel torneo a soli quattordici anni, ne ha aggiunti 30.
Pensa che spettacolo: due superstar NBA in campo in una palestra di liceo dove entrano poco più di mille spettatori, a ingresso gratuito, a parte alcuni posti riservati nel parterre. A proposito, sai chi era atteso alla Drew League? Kyrie Irving, che ci sarebbe stato benissimo dato che lui è “Uncle Drew”... Eppure, perfettamente in linea con il suo carattere, non si è fatto vedere: ci siamo abituati, ormai.
Una curiosità da evidenziare: con l'apparizione di LeBron e DeRozan si è consumato l'ultimo episodio della rivalità tra Nike e Adidas. Entrambi uomini Nike, mentre da quest'anno il torneo è passato ad Adidas come sponsor tecnico (prima, dal 2013, era appannaggio dello swoosh), hanno ricoperto con una patch bianca il logo del brand tedesco sulla propria canotta. Business is business.
C'è un altro dualismo non di poco conto, negli States, e riguarda più settori, come la musica rap: quello tra East Coast e West Coast. Per quanto riguarda i tornei estivi, la Drew League viene considerata meno probante da quelli della sponda atlantica, abituati alla durezza del basket di strada che prende forma in realtà come il Rucker Park e il Dyckman di New York o la Goodman League di Washington. Questo perché la Drew League si gioca al coperto, sul parquet, mentre i suddetti tornei si spostano al chiuso solo in caso di diluvio universale. Eppure la Drew League vanta un livello altissimo, con decine di giocatori NBA che vi hanno partecipato, compresi alcuni dei più grandi quali Kobe Bryant, Kevin Durant, Chris Paul e appunto LeBron James.
Il torneo nacque nel 1973 da un'idea di Alvin Willis, dipendente della scuola media Charles R. Drew, da cui il nome, con il solito obiettivo: togliere più ragazzi e ragazze possibili dalle pericolose strade di South Central L.A. Le stesse dove poco meno di vent'anni dopo si sprigionarono, tra Watts e Compton, le violente rivolte, che tuttavia non causarono la sospensione del torneo, visto anzi come un rifugio sicuro per la comunità locale.
Dalle sei squadre iniziali, la Drew League è cresciuta fino alle 24 di oggi, tutte a invito, riscontrando un crescente interesse di sponsor e televisioni soprattutto a partire dagli anni Duemila. Tanto che l'originaria palestra della Drew Middle School su Compton Avenue non era più sufficiente: dal 2006 il torneo passa al Col. Leon H. Washington Park e dal 2012 alla King/Drew Magnet High School, il campo attuale. Divertiti pure su Google Maps a cercare questi punti e scoprirai che sono tutti nella stessa zona. Willis passa il testimone di commissioner a Oris “Dino” Smiley nel 1985 e oggi a capo della Drew League c'è per la prima volta una donna, sua figlia Chaniel Smiley.
Ho accennato a Bologna. Cosa è successo? Presto detto: una selezione di giocatori della Drew League ha preso il volo atterrando nel capoluogo emiliano per scendere in campo per la prima volta nel più importante torneo all'aperto d'Italia, quello dei Giardini Margherita, detto anche “i Gardens”, intitolato allo storico speaker Walter Bussolari. Sembra proprio che il 2022 sia l'anno dei quarantesimi compleanni, perché anche l'eccezionale competizione bolognese è nata nel 1982 con lo scopo di portare qui la cultura dei playground americani.
La rappresentativa della Drew League ha riscosso grandissimo interesse: si parla di circa quattromila persone che hanno assistito al quarto di finale perso dagli statunitensi all'overtime, contro la formazione che poi avrebbe vinto il torneo (Ciaccio Casa) e nonostante si facesse ancora sentire il jet lag del viaggio.
Ma al di là del risultato, a vincere davvero è la cornice di pubblico, l'ambiente che si crea ogni anno nel parco bolognese, una viscerale e genuina celebrazione dell'enorme passione del basket che anima da sempre la città e che presto sarà addirittura oggetto di un documentario della NBA.
Non c'è altro da dire, ogni ulteriore parola rischia di essere superflua e quindi ti lascio il link alla pagina Facebook del torneo, che ti invito a visitare e seguire perché, attraverso coinvolgenti post, video emozionali, dirette delle partite e bellissime fotografie, offre bene l'idea di cosa siano i Gardens. Sono dunque onorato, un anno fa, di aver presentato il mio libro Il parquet lucido proprio su questo playground. Qui dal 29 agosto al 9 settembre torna il festival Libri e Storie di Sport per la seconda edizione (un carissimo saluto a Franz Campi).
Così, la Drew League ha unito Italia e Stati Uniti in nome della pallacanestro, che è uno stile di vita e il motivo per cui esiste questa newsletter.
Canestri sotto la Tour Eiffel
Dopo Stati Uniti – Drew League – e Italia – Gardens – in tema di tornei estivi non posso tralasciare l'Europa. Nel weekend del 9 e 10 luglio si è svolta a Parigi l'edizione 2022 del Quai 54, uno dei maggiori appuntamenti al mondo in fatto di playground e che si autodefinisce World Streetball Championship.
La capitale francese, animata da una fortissima street culture, è sempre più crocevia della pallacanestro, aspetto di cui avevo parlato su Galis #6 (ritrovi il numero qui): i profondi interessi del Jordan Brand, il marchio Nike che fa capo a MJ e che da alcuni anni è protagonista di un importante crossover sponsorizzando una potenza del calcio come il Paris Saint-Germain; il ritorno del Global Game, cioè la partita ufficiale di regular season che la NBA tiene in Europa, dopo due anni di stop per la pandemia e dopo che nel 2020, giusto in tempo prima del lockdown, era stata trasferita da Londra a Parigi (appuntamento al 19 gennaio 2023 con Chicago Bulls-Detroit Pistons); le ambizioni del Paris Basketball, il giovane club, molto cool e con svariati legami con l'America, che nella prossima stagione debutterà in EuroCup. E poi, appunto, il Quai 54, attivo in realtà da quasi vent'anni.
Un magnifico e caldissimo sole, aspetto da non sottovalutare nel nord della Francia, ha inondato l'arena allestita allo Stade Émile Anthoine, che si trova praticamente sotto la Tour Eiffel: uno scenario davvero suggestivo, con pochi eguali. Sul vistoso campo rosso e azzurro, circondato da tribune sui quattro lati, si sono dati battaglia 160 giocatori e 80 giocatrici, ripartiti in 24 squadre di cui 16 maschili e 8 femminili, provenienti da 10 differenti paesi, per un totale di 22 partite disputate. Tutto rigorosamente Pro-Am e, neanche a dirlo, brandizzato Jordan, con tanto di collezione sportswear dedicata, perché a Parigi lo stile e la moda contano sempre. Ospiti d'onore Luka Doncic e Zion Williamson, uomini immagine del jumpman.
Il Quai 54 non è solo basket ma cultura urbana e integrazione, tra celebrità locali e internazionali, dj set a tutto hip hop ed eventi sul tema di quest'anno: la diaspora dall'Africa occidentale e la sua influenza sulla cultura parigina e francese. Per avere un'idea ti rimando anche in questo caso ai canali social ufficiali del torneo (qui e qui) ma anche al profilo Instagram di Overseas, il magazine italiano in lingua inglese sulla pallacanestro internazionale, presente in loco.
Prima di passare all'argomento successivo, ti lascio con qualche notizia storica sul Quai 54. Il torneo è stato fondato nel 2003 da Hammdoun Sidibé e Thibaut de Longeville, due appassionati di streetball rimasti così folgorati dall'atmosfera di Rucker Park da volerne portare un po' anche da quest'altra parte dell'Atlantico e fonderla con i molteplici spunti offerti dalla controparte francese.
Grazie ai numerosi agganci con il mondo hip hop newyorchese, tanto da far partecipare vari artisti statunitensi alla prima edizione, progressivamente il torneo è diventato sempre più conosciuto e rinomato, attirando sponsor e nomi famosi. Perché si chiama Quai 54? La prima edizione si svolse in un campo ubicato all'indirizzo Quai Michelet 54. E così venne mantenuto in seguito.
Las Vegas Ignite
Prosegue la marcia di avvicinamento della NBA a Las Vegas, a cui avevo dedicato ampio spazio sul numero 17 di Galis (rileggilo qui).
Se ormai ci sono ben pochi dubbi che, in caso di prossima espansione, Sin City sarà la sede di una franchigia, il cui ipotetico proprietario potrebbe essere LeBron James, nel frattempo si stabilizza in città la G League con l'Ignite Team, la squadra “sperimentale” composta in larga parte da prospetti in uscita dalla high school, non interessati al college e non ancora eleggibili per essere scelti al Draft.
Il progetto Ignite è alla sua terza stagione, dopo il breve campionato d'esordio nella bolla di Orlando durato solo un mese tra febbraio e marzo 2021 e quello della passata stagione in cui il team è stato oggetto di un rebranding, con l'adozione dell'attuale identità visiva basata sui colori nero, viola e bianco. E dove, con un calendario ancora ridotto a causa della pandemia, ha preso parte soltanto al Winter Showcase di novembre e dicembre 2021, sorta di torneo preliminare rispetto alla stagione vera e propria. In tale occasione, la squadra ha già giocato le gare casalinghe a Las Vegas, alla Michelob Ultra Arena, il campo delle Aces di WNBA oggi allenate da Becky Hammon.
Ora NBA G League Ignite lascia il quartier generale di Walnut Creek, California, nelle vicinanze di Oakland, per trasferirsi in toto a Las Vegas, o meglio nel sobborgo di Henderson, stessa area metropolitana. L’arena sarà il Dollar Loan Center, nuovo impianto da 5500 spettatori inaugurato da pochi mesi sul luogo del precedente Henderson Pavilion, un'anfiteatro per spettacoli, e già utilizzato dall'hockey su ghiaccio (Henderson Silver Knights, affiliata dei Vegas Golden Knights nella lega minore AHL) e dal football indoor (Vegas Knight Hawks). L'impianto, inoltre, ha iniziato a ospitare il torneo finale della Big West Conference in NCAA, di cui fanno parte università come Hawaii e le varie University of California (Davis, Irvine, Riverside, San Diego, Santa Barbara) e California State (Bakersfield, Fullerton, Northridge).
Insomma, tra college, WNBA, G League e prossimamente NBA, c’è sempre più basket che conta nel deserto del Nevada.
Shootaround – Consigli di lettura, ascolto, visione, condivisione
Innanzitutto, bentornato College Basketball Tour! Dopo due anni di stop, ritorna l'evento che porta in Italia il grande basket NCAA. L'appuntamento è in Veneto e Lombardia dal 7 al 18 agosto: sulla pagina Facebook e Instagram trovi il calendario delle partite e tutti gli aggiornamenti.
Sul mio blog ho messo un po' di immagini e caratteristiche della Air Jordan 37.
Christian Giordano di Sky Sport ci offre un bel ritratto di Connie Hawkins.
Riccardo Pratesi (La Gazzetta dello Sport) analizza le possibili novità che saranno introdotte in NBA.
Forse solo in Indiana è possibile comprare una casa che un tempo era la palestra di un liceo. Ne parla qui Dana Hunsinger Benbow dell'Indy Star (in inglese).
Proseguiamo con le recensioni di Winning Time: questa la firma Daniele Vecchi per La Giornata Tipo.
Stefano Delprete di Add editore ha discusso di basket ed editoria su Twitch con Davide Torelli: il video integrale qui.
Qui, invece, Davide Piasentini ha parlato del suo libro The Culture. Uomini e imprese della storia dei Miami Heat con Stefano Villa di Esperanto Sportivo.
Cesare Milanti per Overtime ha intervistato Maurizio Buscaglia sul suo progetto con la nazionale olandese.
A proposito, grazie Cesare per aver consigliato Galis sulla newsletter Kill Bill, dedicata al basket internazionale.
Sempre il team di Overtime ha intervistato coach Kaleb Canales nell'ambito del programma Jr. NBA. Si è parlato di global game, sogni e consapevolezza.
Hard in The Paint e Lego Italy hanno riqualificato un playground in Via Lessona a Milano, nel quartiere di Quarto Oggiaro, sulla base di un disegno dell'artista Abel Bael.
Devon Hall ha parlato con NSS Mag del rapporto con il brand Oakley e con il basket milanese: leggi l’intervista qui.
E che fai, non la compri la pin di Local Hoops? Carinissima!
Questo è il pallone Wilson Evolution in versione estiva con un pattern a foglie tropicali e sfumature di blu all'interno dei wordmark.
L'arte di riparare con l’oro ciò che si è rotto: il bel commento di Eva Cervelli al titolo NBA dei Golden State Warriors.
Zion Williamson parla di stile e sneaker con Claudio Pavesi di Outpump.
E lo stesso Pavesi ha fatto due chiacchiere con Luka Doncic. Entrambi li ha incontrati al Quai 54.
Anche il playground di Gustavo Zermeño Jr a Inglewood, L.A., non è niente male vero?
Nel frattempo Philadelphia ha intitolato una strada a Rasheed Wallace. Lo riferisce Anthony Gilbert di SLAM (in inglese).
Il Post ha scritto del podcast di Draymond Green, allargando il discorso sull'importanza del punto di vista degli atleti nello sport di oggi: leggi qui.
Tommaso Marino a Rucker Park. E anche in molti altri posti, se segui il suo canale YouTube.
Si può, a quasi sessant'anni, finire sulla cover di NBA 2K23? Certo che si può, ma ti devi chiamare Michael Jordan. Qui il pezzo di Paolo Sirio su La Gazzetta dello Sport.
Però l'uomo copertina della versione standard sarà Devin Booker.
Puma ha realizzato la signature shoe di Breanna Stewart, la prima per una donna dopo dieci anni. Ne parla Deyscha Smith di SLAM (in inglese).
JJ Barea ha annunciato il suo ritiro: è stato uno dei miei giocatori cult, tanto che in questo articolo di alcuni anni fa su NBA Religion avevo selezionato le sue partite più pazze!
Il nuovo clima della Nazionale di coach Pozzecco.
Per finire, un po' di flash a ruota libera dall'estate italiana:
Anche Ettore Messina si è regalato un tatuaggio.
Vanessa Bryant ha fatto un giro in Sicilia e a Reggio Calabria.
Michael Jordan si è presentato in un negozio di sigari a Milano.
Come ogni anno Daniel Hackett al torneo del Cristo Re di Pesaro.
Conclusioni
Ed eccoci qua alla fine di questo numero 19 di Galis. Spero che ti sia piaciuto e che continuerai a ricevere la newsletter.
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Sui social e sul blog, però, sono in pausa estiva e la regolare programmazione dei post riprenderà a settembre con diverse novità. Nel frattempo ci saranno comunque pubblicazioni saltuarie.
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Non dimentico qualcosa? Ma certo: la soluzione al quesito su Jordan! Gli altri suoi canestri decisivi chiamati The Shot sono quello contro i Cleveland Cavaliers nei playoff 1989 (gara 5 del primo turno, su di lui Craig Ehlo) e ovviamente i celeberrimi due punti contro gli Utah Jazz negli ultimi secondi di gara 6 delle finali 1998 (in difesa Bryon Russell).
È tutto, ci vediamo il 31 agosto. Ciao e buone vacanze!