Pallone a spicchi
#23 - Basket, cultura, lifestyle: qui trovi crossover con il calcio, i paesi arabi e un'iniziativa solidale
Ciao, come ogni ultimo giorno del mese da quasi due anni, rieccomi puntuale e gratis nella tua mailbox.
Io sono Francesco Mecucci e questo è il ventitreesimo numero di Galis, la newsletter del mio blog Never Ending Season, dove ti parlo di basket come cultura e stile di vita.
Nella scorsa uscita (se non l'hai letta, la trovi qui) ho intervistato Dario Ferretti, CEO di Pick-Roll, fatto il punto sulla pallacanestro a Roma e scritto di Marco Belinelli e Microsoft.
Oggi, visto che sono in corso questi “strani” mondiali in Qatar, parto da lì: dal calcio e dall'Oriente. Un momento: calcio? Che c'entra con noi? Be', un po' c'entra: ora vedrai.
Prima di cominciare, però, voglio dare il benvenuto a tutti i nuovi iscritti a Galis, e quindi anche a te, se rientri tra questi: siete tantissimi, grazie di cuore. Spero che mi darai e darete una mano a far conoscere la newsletter: è tutto amatoriale qua!
Il crossover utile
Sì, guarda, anche a me fa arrabbiare.
Cosa? Quando vedo le prime pagine dei quotidiani sportivi dominate da notiziole di calcio – o peggio ancora, di calcio mercato – il più delle volte evanescenti e transitorie, mentre nel frattempo una squadra o un atleta italiani di altre discipline compiono vere e proprie imprese.
Un po' triste, vero? Certo, capisco che ci sono esigenze economiche che spingono i giornali a inseguire il mainstream, il famigerato “italiano medio” – in qualsiasi modo si voglia interpretare questa definizione – e così ci ritroviamo sparati in faccia titoloni e foto su capricci, voglie, infortuni veri o presunti dei nostri amati calciatori, mentre vengono ignorate o relegate all'angolino robette come il record di Filippo Ganna, i successi dei nostri tennisti o, per dire, la nazionale di basket che batte la Serbia agli europei e poi si qualifica ai mondiali a differenza di altre rappresentative azzurre.
Mi fermo qui con questo accenno di sfogo: penso che tu abbia capito. Come ho detto tempo fa in un'intervista ad Alessandra Ortenzi, “non demonizzo il calcio, è uno dei miei sport preferiti, ma è chiaro che mi piacerebbe che i media riservassero più spazio al basket e alle altre discipline. O almeno vedere un maggior equilibrio nei titoli e nelle prime pagine quando c’è un avvenimento importante non calcistico” (se ti va di rileggerla tutta, eccola).
Dunque, il problema c'è e non va taciuto. Tuttavia credo che, prima di indignarsi a prescindere, bisogna anche stare attenti a non radicalizzarlo, perché gli estremi finiscono sempre per toccarsi, e diventare “ultras” pro o anti calcio è un attimo. Ferma restando una preponderanza calcistica a volte esagerata, non mi piace neppure quando i cultori di altri sport guardano al calcio con atteggiamento snob, di superiorità intellettuale.
Che piaccia o no, il “pallone” è e rimarrà lo sport più popolare al mondo e ritengo semplicemente impossibile ignorare la sua influenza sulla società. Molti di noi, e credo anche tu, collegano ricordi significativi ai mondiali di calcio, perché, come dice Federico Buffa, “hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà dopo”.
Se il calcio non va schifato con pregiudizio, allo stesso modo il basket non deve chiudersi in se stesso e diventare una casta più di quanto non lo sia ora, evitando magari ulteriori e inutili balcanizzazioni interne come quella tra seguaci e haters della NBA.
È indubbio che la pallacanestro meriti, per tradizione, rilevanza sociale e spettacolo, una maggiore considerazione sui media – per fortuna si è mosso qualcosa a livello Rai negli ultimi tempi – ma secondo me deve anche trovare più spunti possibili per aprirsi al sopra citato mainstream, senza snaturarsi né banalizzarsi.
E questa è una strada percorribile attraverso le connessioni che la palla a spicchi ha con la cultura contemporanea (è il motivo per cui ho aperto sia il mio blog che questa newsletter). Tali connessioni offrono svariati agganci per arrivare al pubblico calciofilo, o meno esperto di pallacanestro, che non vuol dire necessariamente più insensibile e superficiale.
Ho quindi ben accolto il fatto che si siano moltiplicati i ponti, o almeno i punti di contatto, tra calcio e basket, perché lo ritengo positivo per entrambi. Per il calcio, che dalla mentalità del basket non può che trarne beneficio, ampliando le proprie vedute; per il basket, che grazie all’inscalfibile popolarità del calcio può guadagnare attenzione e rispetto su uno scenario ben più ampio. Ti elenco alcuni crossover di rilievo in cui mi sono imbattuto di recente.
Penso che il più importante sia quello tra il brand Jordan e il Paris Saint-Germain, fosse anche solo per una questione di immagine, lasciando perdere per un attimo le vagonate di milioni che intercorrono tra Nike, proprietaria del marchio, e il presidente del PSG Al-Khelaïfi (guarda caso, uno del Qatar). Insomma un logo di basket sulle maglie di uno dei club di calcio più ricchi del mondo. Leo Messi con il jumpman: più di così... E probabilmente solo lo straordinario appeal e carisma di un personaggio come Michael Jordan, affascinato da Parigi fin dalla notte dei tempi, poteva rendere possibile un simile connubio tra calcio e pallacanestro.
Poi – e poteva mancare, lui? – c'è LeBron James, l'atleta-businessman per eccellenza. Con la sua quota di minoranza nel Fenway Sports Group, è entrato nella proprietà del Liverpool FC e sono abbastanza frequenti i “cenni” reciproci, sia sui social sia con progetti di marketing come il lancio delle scarpe Nike LeBron 9 Low brandizzate con logo e colori del club inglese. Tra l'altro il Liverpool, notizia di poche settimane fa, sarebbe stato messo in vendita, ma questo è un altro discorso.
Il mosaico finanziario internazionale che caratterizza oggi molte grandi società sportive rende più frequenti tali incroci tra atleti e squadre di diverse discipline, come nel caso di 777 Partners, che ha in portfolio il Genoa e i London Lions, la nuova e ambiziosa squadra di basket della capitale britannica ammessa in EuroCup, della cui storia e situazione ha offerto un quadro esauriente Daniele Fantini su Eurodevotion. Lo stesso fondo di Miami ha investito sulla British Basketball League (BBL), nel tentativo di rendere il Regno Unito un po' più terra di basket di quanto lo sia ora (cioè pochissimo), allo scopo di sfruttare poi l'estensione e il multiculturalismo della piazza londinese. Un simile interesse da parte delle alte sfere europee sta coinvolgendo anche la città di Parigi e i paesi arabi: di essi ti parlo nel capitolo successivo.
Voglio quindi sottolinearti un altro interessante crossover tra basket e calcio, tutto al femminile: Raffaella Masciadri, ex capitana della nazionale e membro della commissione atleti del CONI, è diventata da pochi mesi team manager della Juventus Women. Una nuova sfida per una donna competente e poliedrica che, dopo il ritiro, si sta costruendo un'importante carriera dirigenziale.
Molto particolare anche l'interesse per il calcio di Steve Kerr, coach dei Golden State Warriors. Lo scorso agosto ha tenuto un discorso motivazionale al Maiorca, club della Liga spagnola, mentre Klay Thompson ha rivelato che lo stesso Kerr, per spiegare i concetti del gioco fatto di continui passaggi allo scopo di liberare giocatori al tiro e spazio per tagli, ha preso ad esempio il Barcellona di Pep Guardiola. Dubs e Barça, non a caso, sono due squadre che hanno introdotto radicali cambiamenti nei sistemi di gioco dei rispettivi sport. Ne ha scritto Rivista Undici qui e qui.
Infine, ecco le numerose apparizioni di calciatori nelle arene NBA, come Giorgio Chiellini oggi al Los Angeles F.C., franchigia di cui è azionista Magic Johnson. L'ex juventino ha incontrato anche Simone Fontecchio, mentre tra i fan dei Raptors si è materializzato il trio italiano del Toronto F.C. Lorenzo Insigne, Federico Bernardeschi e Domenico Criscito. Viceversa, a vedere l'Inter in Champions League a San Siro, durante gli europei di basket, ecco Giannis Antetokounmpo, omaggiato di una maglia nerazzurra, e i suoi compagni della Grecia.
E non molti giorni fa, sempre a Milano, il difensore interista Alessandro Bastoni ha partecipato presso lo store Airness al lancio della nuova Puma MB.02, la signature shoe di LaMelo Ball. A presentare l'evento Gaia Accoto: anche lei, passata dalla LBA all'area comunicazione dell'Inter, esempio di crossover cestistico-calcistico (ne avevo parlato su Galis #20).
Per quanto riguarda i mondiali in corso, pesco a caso un Jimmy Butler super tifoso del Brasile del suo amico Neymar Jr. e un sosia di LeBron James nel Camerun.
Però, credo che niente di tutto quanto detto finora eguagli Rodrigo Palacio, ex Inter, Genoa e Brescia, che ha debuttato in Serie D nell'hinterland milanese.
Questi e molti altri momenti rappresentano contatti e opportunità che il basket deve sfruttare nel modo migliore, esigendo giustamente una visibilità e un coinvolgimento più alti da parte dei media, ma anche trovando il modo di aprirsi alle infinite possibilità derivanti da una sana coesistenza con l'universo del calcio.
Ah, però c'è anche un'altra cosa che mi fa arrabbiare: Flavio Tranquillo quando dice “gol” e “palo” in telecronache di pallacanestro.
Arabasketball
Formula 1, Moto GP, tennis, calcio... vedremo mai anche una grande competizione di basket nei paesi arabi? Non è detto, ma potrebbe succedere, prima o poi. Certo, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e compagnia non sono esattamente la “Mecca” – termine più che mai azzeccato – della palla a spicchi. In quegli stati esistono leghe professionistiche i cui ingaggi attirano i soliti americani giramondo, ma la tradizione è praticamente inesistente.
Eppure si sta verificando, dalle parti del Golfo Persico, un certo aumento di appassionati, soprattutto tra i giovani, molto attratti indovina un po' da chi? Dalla NBA! E in generale gli sport indoor sono sempre più apprezzati, anche per la comodità di assistere a eventi in arene climatizzate.
In fin dei conti, se nei vari regni ed emirati non c'è tradizione sportiva, non è che abbiano problemi a costruirsela dal nulla, al pari di quanto fatto negli ultimi venti-venticinque anni con l’architettura delle loro città, spinti dall'esigenza di puntare su turismo, terziario e sport per diversificare le entrate rispetto a King Petro il quale, ricordiamolo sempre, è una fonte non rinnovabile.
Dubai, Abu Dhabi, Doha, Manama sbalordiscono il visitatore con le loro spettacolari teorie di grattacieli da sogno, sorti tra mare e deserto, mentre nuovi stadi, arene, autodromi hanno calamitato sulla costa orientale della penisola araba il gotha dello sport mondiale.
Personalmente, anche se non sono mai stato lì e almeno una volta nella vita ci vorrò andare, trovo tutto un po' artefatto, interamente dettato non da genuina passione ma dal denaro, o meglio dalla “noia” di come spendere ricchezze spropositate. E senza soffermarmi, perché ce ne sarebbe, sul contorno di ipocrisia e sportwashing che nasconde enormi problemi di rispetto dei diritti umani e civili.
In ogni caso, sembra che il grande basket sia intenzionato a unirsi al gruppo e a penetrare in Medio Oriente: nei mesi scorsi ci sono stati alcuni movimenti di rilievo.
Il più evidente è l'arrivo della NBA: due partite di preseason tra Milwaukee Bucks e Atlanta Hawks nella luccicante Etihad Arena di Abu Dhabi, gioiello da 18.000 posti aperto nel 2021 a due passi dal circuito automobilistico. Le prime gare mai ospitate dalla lega in un paese arabo, dopo aver mandato in avanscoperta, negli ultimi anni, i suoi programmi giovanili ufficiali come Jr. NBA, Basketball Without Borders, NBA Basketball School. C'è un bel pezzo di Andrea Lamperti su l'Ultimo Uomo, che avevo già segnalato nello scorso numero di Galis ma che non esito a riproporti qui, che spiega molto bene la situazione.
Anche l'Eurolega sta facendo proseliti. Al momento pare che si tratti di un nulla di fatto, ma a Dubai erano pronti a un'offerta irrinunciabile per ospitare la Final Four già nel 2023 e negli anni seguenti alla Coca-Cola Arena, altro super palazzo da 17.000 posti inaugurato nel 2019, e addirittura per ottenere una licenza pluriennale per una nuova squadra. Quindi la massima competizione europea avrebbe sconfinato in Asia: un aspetto che non deve però scandalizzare, perché una cosa del genere esiste già nel rugby, dove lo United Rugby Championship (l'ex Celtic League) ha inglobato le franchigie sudafricane insieme a quelle irlandesi, gallesi, scozzesi e italiane.
La prossima Final Four si disputerà con ogni probabilità a Kaunas, anche se il governo lituano non è riuscito a garantire 1 milione di euro a sostegno dell'evento, laddove gli arabi ne avrebbero sborsati oltre 10. Sempre a Dubai ha fatto visita il board di EuroLeague, con i tredici club azionisti, per un tour di scambio di vedute e incontri con investitori. Insomma, c'è danarosa voglia di basket negli Emirati, e ad alimentare la speranza che esista anche un minimo di vera passione è soprattutto l'azione del presidente del dipartimento di cultura e turismo Mohamed Khalifa Al Mubarak, uno che ha studiato negli Stati Uniti tornando in patria con un cronico virus per la pallacanestro.
Si parla anche di un interesse di Emirates per sponsorizzare l'Eurolega, soppiantando Turkish Airlines, presente dal 2010 e con un contratto fino al 2025. Ma l'offerta della compagnia aerea di Dubai sarebbe cinque o sei volte superiore, e che te lo dico a fare.
Il continente asiatico non è certo vergine al basket, o almeno non tutto. È sport nazionale in Cina. È “malattia” nelle Filippine, paese organizzatore dei prossimi mondiali insieme a un Giappone in crescita e all'Indonesia. Libano e Iran hanno la loro storia a livello di nazionali. In mezzo a ciò, tuttavia, il Medio Oriente potrebbe davvero costituire la nuova frontiera, grazie all'interesse reciproco tra i governi locali e le due leghe più forti del pianeta, sempre a caccia di grandi mercati. E se intorno c'è solo il deserto, reale o metaforico, è giusto un dettaglio.
Vale per l’Africa
Ora ti parlo di un'iniziativa solidale in vista del Natale. Ho deciso di sostenere Vale per tutti. È un'associazione di Roma, fondata in memoria di Valerio D'Angelo, grande appassionato e autore di basket scomparso nel 2021 a soli trentatré anni dopo una lunga malattia.
Non l'ho mai conosciuto di persona. Di lui avevo letto i suoi ottimi articoli su La Giornata Tipo, il sito con cui collaborava, senza approfondire più di tanto: purtroppo l'overdose di informazioni a cui siamo sottoposti nella nostra vita costantemente connessa ci porta spesso a scorrere storie (e persone dietro le storie) con ingiustificata superficialità.
Quando, lo scorso settembre, è stato inaugurato nella capitale, in Piazza Winckelmann al Nomentano, lo splendido murale del'artista Piskv dedicato a Valerio, nell'ambito di un progetto commissionato addirittura dalla NBA (ne avevo parlato qui), ho avuto modo di saperne di più su questa sfortunata persona e sul suo amore per la pallacanestro.
Di professione ingegnere informatico, ha lavorato per aziende come Google, Facebook, WhatsApp e la sua passione lo ha portato a seguire la NBA dal vivo, incontrando e intervistando i suoi giocatori preferiti, da Manu Ginobili a Kobe Bryant, da Marco Belinelli a Dirk Nowitzki e molti altri. Aveva una collezione di centinaia di maglie e aveva pubblicato un libro, I feel this game, il suo motto.
Valerio D'Angelo scriveva, viaggiava, amava il basket. Per perpetuare il suo spirito positivo, che non abbandonava neanche nei momenti più bui, l'associazione Vale per tutti presieduta dal fratello Damiano – ritratto nel murale da bambino in braccio a Valerio – ha come missione riqualificare e realizzare spazi destinati al basket e allo sport per bambini e ragazzi che, ovunque nel mondo, vivono in situazioni difficili.
Così, nel luglio 2022, in memoria di Valerio è stato costruito un campetto da basket a Nairobi, in Kenya, in un luogo problematico: la baraccopoli di Kogorocho. Il prossimo obiettivo è realizzare un secondo campetto in Africa nell'estate 2023.
Per offrire il tuo sostegno puoi effettuare una donazione minima di 25 euro e riceverai una gift box natalizia con prodotti alimentari responsabili e gadget di Vale per tutti.
Qui trovi tutte le informazioni su come fare, e anche qui. Io ho già provveduto: se ritieni giusto dare una mano, spero possa farlo anche tu. Vale per tutti informa che il termine ultimo è l'8 dicembre.
Shootaround – Consigli di lettura, ascolto, visione, condivisione
Visto che si parlava di calcio, guarda qui lo show di Gianmarco Pozzecco ospite in Rai a "Il Circolo dei Mondiali" alle prese con le sfide di Jury Chechi.
Ormai è una tradizione del mio blog: ecco la top 10 delle divise NBA City Edition!
Tra le escluse eccellenti quella dei Golden State Warriors, che non mi fa impazzire come design ma ha un significato profondo. Ne parla Zach Lowe su ESPN (in inglese).
E sempre di City Edition argomenta Claudio Pavesi di Outpump nel podcast DNPCD di Backdoor Podcast: ascoltalo qui.
Però, quello che il marketing NBA riesce a costruirci intorno è incredibile: visita e ammira il sito dedicato a Peach, la City Edition degli Atlanta Hawks.
DeAndre Ayton dei Phoenix Suns e sua madre propongono piatti di famiglia nei ristoranti di Phoenix, per beneficenza. Cucina caraibica, lui è delle Bahamas. Ne scrive Marc J. Spears su Andscape (in inglese).
A proposito di ristoranti: ti ricordi Bobby Plump, l'anziano signore dell'Indiana il cui canestro ha ispirato il film Hoosiers - Colpo vincente? Un appassionato lo è andato a trovare nel suo locale portandogli il libro Basketball Journey di Alessandro Mamoli e Michele Pettene, che lo incontrarono nel 2018. In questo post un po' di aneddoti!
Nasce ClipperVision, la nuova piattaforma streaming dei Los Angeles Clippers. Approfondisce Andrew Greif sul Los Angeles Times (in inglese).
Nick DePaula di Andscape svela tutto sulla Puma MB.02 di LaMelo Ball (in inglese).
Achille Polonara si racconta a Legabasket.it attraverso i suoi tatuaggi.
La Reyer Venezia ha compiuto 150 anni. Sai che una volta giocava in un edificio del Cinquecento? Lo raccontavo qui.
Ecco Basket Kitchen, il blog di Gianmaria Vacirca: più che la pallacanestro, però, qui è protagonista assoluta l’enogastronomia!
Come Luca Banchi ha rilanciato la Lettonia e discorsi molto interessanti sul basket nell’intervista di Marco A. Munno su La Giornata Tipo.
Massimiliano Carrà ha intervistato su Forbes Gianluca Gazzoli sui suoi progetti imprenditoriali.
ESPN annuncia un documentario su Candace Parker.
Intanto ho recensito gli altri due libri in italiano usciti quest’anno su Giannis Antetokounmpo: autori Andrea Cassini e Mirin Fader.
Qui, invece, ho scritto del murale di Dennis Rodman realizzato dall’artista Matteo “Il Coffee” Fronduti a Bastia Umbra, vicino Perugia.
Due squadre NCAA, Gonzaga e Michigan State, sono tornate a giocare su una portaerei per il Veterans Day: colpo d'occhio, come sempre, spettacolare (qui la gallery di The Guardian).
Guarda "Redemption" il corto dei Big 3 sul tour italiano di Dwyane Wade nell'estate 2001, concluso con una partita a Reggello, vicino Firenze. Metaforicamente decisiva per il riscatto che Dwyane, di lì a poco, attuerà nella sua vita.
Per finire, qualche idea regalo.
Il pallone NBA Wilson Autenthic Heritage, disponibile in due colori.
Il primo numero di Overseas Magazine in abbinamento con la Tote Bag.
Una stampa fotografica del Rucker Park come era prima e come è adesso, firmata Austin Bell.
Il kit Nike Starting Five in offerta su DoubleClutch.
Il mio libro Il parquet lucido. Storie di basket: dai, ci sta!
Conclusioni
Ed eccoci alla fine di questo numero 23 di Galis. Spero che ti sia piaciuto e che continuerai a leggermi e a seguirmi qui, sul web, su Instagram e su Facebook.
Prima di salutarti, un annuncio: in via eccezionale, la newsletter tornerà con un rapido numero speciale il 16 dicembre e conterrà un regalo di Natale tutto da leggere! Quindi per una volta ci diamo appuntamento anche a metà mese e non solo all’ultimo giorno.
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È tutto: ci vediamo il 16 per gli auguri e poi il 31 dicembre. Ciao!