Letture per agosto
#7 - Basket, cultura, lifestyle: qui trovi un po' di pillole per le vacanze, lo Shootaround e delle cose su di me.
Ciao, se stai per andare in vacanza, sono sicuro che ti porterai qualcosa da leggere: ecco qua. Il gioco mica si ferma.
Io sono Francesco Mecucci e questo è il settimo numero di Galis, la newsletter del mio blog Never Ending Season.
Nella scorsa uscita, la #6 (se te la sei persa, recuperala qui), ho parlato del nuovo pallone ufficiale NBA firmato Wilson, del rapporto tra Parigi e la pallacanestro e di un artista che apprezzo molto di nome Will Bryant.
Ora siamo in piena estate e in questo numero non troverai una main story lunga, ma una serie di pillole di basket, cultura e lifestyle. Un modello che, a seconda delle situazioni, potrei riproporre anche in futuro.
A seguire, il consueto Shootaround, con i migliori contenuti dal web consigliati da me, e un po' di cose sul sottoscritto che non avevo avuto modo di raccontarti nelle precedenti occasioni.
Sei pronto? Alziamo la palla!
Ponti emotivi tra calcio e basket
Non è mai facile, in Italia, creare connessioni emotive tra il calcio e gli altri sport, basket compreso. Molti appassionati delle discipline non calcistiche tendono a considerare il gioco del pallone come ingordo pigliatutto, finendo per guardarlo con un'aria di superiorità. A volte, in realtà, trovo ragionamenti del genere piuttosto banali e semplicistici, perché non dimenticare mai che si fa presto a passare da un estremismo all'altro, ma questo è. Tuttavia non nego che troppe volte i quotidiani sportivi, pur di assecondare le voglie del mercato, tagliano fuori dalle prime pagine notizie extra-calcistiche di rilievo a favore di robette assolutamente trascurabili.
Al di là di questo fenomeno, durante gli Europei di calcio si sono creati invece dei ponti importanti tra la Nazionale di Mancini e altri portacolori italiani che nel frattempo raggiungevano storici traguardi. È il caso di Matteo Berrettini, finalista a Wimbledon e praticamente inglobato nella comitiva azzurra di ritorno (trionfale) da Londra. Ma anche dell'Italia di basket, e spero che lo scorso 4 luglio non ti sia perso la grande impresa di Belgrado. L'insperata qualificazione olimpica di Fontecchio e soci è stata immediatamente salutata da un post di Roberto Mancini, che inoltre ha riferito della presenza di molti appassionati di pallacanestro nel gruppo poi laureatosi campione d'Europa – lui stesso è tifoso della Fortitudo Bologna – e che hanno seguito la partita con trepidazione.
Uno è certamente Jorginho, che poco dopo aver segnato con estrema freddezza il rigore decisivo nella semifinale vinta contro la Spagna, ha esultato con la ice cold celebration, sfregandosi le mani sulle braccia come fa spesso Trae Young. Il leader degli Atlanta Hawks ha apprezzato e twittato sul suo profilo l'immagine del centrocampista azzurro. Anche Nicolò Barella è un grande seguace della NBA, tanto che è stato ospite di Alessandro Mamoli a Sky Sport, nel format Basketball Conversation, per raccontare la sua passione cestistica (e pure Berrettini, tanto per restare in tema). Infine, nell'uragano di post scatenati dalla vittoria in finale sull'Inghilterra, è comparsa anche una foto di Giorgio Chiellini sul pullman della squadra, in cui sul suo smartphone si intravede una schermata di NBA 2K21: giocare a basket era il sogno da bambino del difensore della Juventus.
In generale, la NBA è molto amata e seguita tra i calciatori. Con la stranezza che le grandi star del pallone, seppur loro stesse siano celebrità note in tutto il mondo, guardano ai colleghi del basket come miti assoluti, gente a cui chiedere un selfie o farsi autografare la maglia. Marco Materazzi, per dirne uno, portava il numero 23 in onore di Michael Jordan. Anche Alessandro Del Piero e Billy Costacurta, oggi entrambi volti di Sky Sport, sono grandissimi fan. Joao Pedro, attaccante del Cagliari, ha dedicato un'esultanza a Kobe Bryant. L'elenco sarebbe infinito.
E dalla prossima stagione – di questo avevo già parlato nell'ultimo numero di Galis, rieccoti il link – per la prima volta una squadra di calcio, il Paris Saint-Germain, avrà il jumpman di Jordan Brand, sponsor tecnico dei francesi, sulle maglie da gara. E quindi lo porteranno addosso anche Marco Verratti e Gianluigi Donnarumma, uno che del cestista avrebbe pure il fisico.
Nozze di diamante
Se conosci la storia, sai che la NBA è nata nel 1946 – il 6 giugno, forse questo ti sfuggiva – e si chiamava BAA (Basketball Association of America). Tre anni dopo assorbì la NBL (National Basketball League), che già esisteva dal 1937, per dare vita alla National Basketball Association che ben conosciamo. Tuttavia, come anno ufficiale di nascita viene considerato non il 1949 ma il 1946. E quindi la NBA ha compiuto settantacinque anni. Per celebrare questo anniversario, nella prossima stagione sarà utilizzato uno speciale logo temporaneo la cui forma richiama quella di un diamante e che contiene, oltre alla silhouette del presunto Jerry West, appunto il numero 75. Nella tradizione americana, i 75 anni di matrimonio sono detti nozze di diamante (da noi sono invece i 60) e in genere il diamante simboleggia qualsiasi tipo di anniversario di tre quarti di secolo. Allora la lega vuole festeggiare così questa lunghissima storia d'amore con il basket al massimo livello. Ti piace? A me, sinceramente, no! Per fortuna non è un cambio definitivo.
NBA 2(Lu)K(a)22
Non saprei dire se Luka Doncic sia "il più giovane di sempre" a finire sulla cover del videogame top di basket, né a dirla tutta ho la benché minima voglia di fare una ricerca del genere, che di cose da nerd già ce ne sono abbastanza. Ma, tormentoni a parte, è sicuramente un grosso traguardo per lo sloveno. Perché finire lì sopra, ormai, rappresenta uno status dal prestigio quasi simile a vincere un premio individuale in NBA. In uscita il prossimo 10 settembre – i dettagli li ha ben riportati NBA Religion qui – NBA 2K22 ha scelto come volto della Standard Edition il numero 77 dei Dallas Mavericks, che compare sia nell'atto di tirare in fade away, in un evidentissimo richiamo alla signature move del suo predecessore Dirk Nowitzki, sia in un urlo di gioia che esprime al cento per cento la freschezza e la gioventù di Luka. I colori della composizione grafica sono rosso, bianco e blu: non solo quelli di NBA e Stati Uniti, ma anche della bandiera della Slovenia.
Quella con Doncic, però, non è l'unica cover di NBA 2K22. Intanto, nell'edizione nordamericana, la protagonista è Candace Parker delle Chicago Sky. Questo significa che per la prima volta una giocatrice WNBA finisce sulla cover del videogioco: un ulteriore segnale delle politiche di inclusività e uguaglianza di cui la lega è fortemente promotrice.
A seguire, con la versione NBA 75th Anniversary Edition, sconfiniamo nell'arte. La cover in questione è disegnata da Charly Palmer, artista di Atlanta noto per il suo impegno civile, e propone tre super leggende: Kareem Abdul-Jabbar, il già accennato Dirk Nowitzki e Kevin Durant. Ciascuno rappresenta qualcosa che incarna lo spirito della NBA di ieri e di oggi: Kareem, uno dei più grandi giocatori di sempre ma anche attento intellettuale e attivista per la causa degli afroamericani; Dirk, il lungo che gioca esterno e tira da fuori come nell’evoluzione del gioco, ma anche, quale primo MVP europeo della storia, simbolo della globalità raggiunta dalla NBA; KD, tuttora uno dei volti dell'odierna generazione di star, seppur si stia avviando verso la fase conclusiva della sua carriera.
Le novità in G League
Ci sono un po' di movimenti di franchigie in G League, la sempre più organizzata, influente e credibile lega di sviluppo della NBA. I Northern Arizona Suns, dopo cinque anni da affiliati di Phoenix, lasciano il deserto per trasferirsi nel Michigan, diventando proprietà dei Detroit Pistons e assumendo il nome di Motor City Cruise. Giocheranno in città, nella piccola Wayne State Arena (impianto di un college di seconda divisione), sfoggiando il rosso-blu della casa madre.
Contestualmente è finito il rapporto, che durava da sette stagioni, tra i Pistons e i Grand Rapids Drive, dove anni fa ha giocato per un breve periodo anche Gigi Datome. La squadra resta a Grand Rapids, sempre in Michigan, ma da Drive cambia nome in Gold e sarà l'affiliata dei Denver Nuggets, replicandone i colori oro, blu e rosso scuro. Quindi per la prima volta la franchigia del Colorado potrà contare su una squadra in G League, seppur in un differente stato (ma tanto le ricollocazioni in questa lega sono all'ordine del giorno, quindi non mi sento di escludere un futuro avvicinamento territoriale).
Al momento, quindi, i Phoenix Suns restano senza affiliata, al pari dei Portland Trail Blazers, che non l'hanno mai avuta.
Invece, dopo la chiusura degli Erie BayHawks, i New Orleans Pelicans varano già dalla prossima stagione i Birmingham Squadron, con base nella città dell'Alabama. Il nome è un omaggio al 99° Pursuit Squadron, il primo squadrone della Air Force composto esclusivamente da militari di colore (nato nella vicina Tuskegee, hai mai visto il film Red Tails?), e all'importanza dell’industria aeronautica di Birmingham durante la seconda guerra mondiale. Gli Squadron giocheranno nella rinnovata Legacy Arena.
Cambio di nome e immagine, invece, per i Maine Red Claws, che diventano Maine Celtics, prendendo il bianco-verde (più il nero come terzo colore) di Boston e segnando il proseguimento del processo di uniformazione delle squadre di G League alle rispettive franchigie NBA. Una tendenza che forse, a mio avviso, sta togliendo un po' di identità alla lega di sviluppo e alla sua comunque discreta storia autonoma.
Ancora: i Charge si trasferiscono da Canton a Cleveland, e quindi ora sono i Cleveland Charge.
Non è ancora ufficiale, infine, lo sbarco dei Capitanes de Ciudad de Mexico, o se preferisci Mexico City Captains, prima squadra messicana a giocare in una lega NBA e prima espansione della stessa a sud del Rio Grande, dove finora c'erano state solo partite di esibizione. In uno dei prossimi numeri di Galis o su Never Ending Season, non escludo di buttare già qualcosa sull'evoluzione della G League.
Real Madrid da stadio
A proposito di connubi tra calcio e basket: la stampa spagnola riporta l'ipotesi che il Real Madrid baloncesto potrebbe giocare al Santiago Bernabeu, il grande tempio del calcio attualmente sottoposto a lavori di ristrutturazione. Lavori che termineranno nel corso del 2022. Tra le novità che saranno sfoggiate dallo storico stadio madrileno, dove l'Italia vinse i Mondiali nel 1982 e l'Inter la Champions League nel 2010, c'è anche la copertura integrale dell'impianto mediante una struttura retrattile. Non è ancora chiaro se i blancos dei canestri giocherebbero sempre lì oppure, come più probabile, soltanto in alcune occasioni quali eventuali finali di campionato o di Copa del Rey. Allo stesso modo, avere un'arena modulabile consentirebbe ala capitale spagnola di candidarla per ospitare Final Four di EuroLeague, competizioni per nazioni o esibizioni con squadre NBA.
Sembra difficile, in ogni caso, che il Real voglia abbandonare il WiZink Center, nome commerciale del Palacio de Deportes de la Comunidad de Madrid, il bello e centrale palazzo da 15.500 posti ricostruito tra 2002 e 2005 dopo che un incendio, nel 2001, distrusse il precedente edificio innalzato nel 1960. Qui il Real è tornato a giocare nel 2011, dopo essere stato di base, tra il 2004 e il 2001, all'arena di Vistalegre, altro bestione da 15.000 posti costruito sul luogo di una precedente plaza de toros. Ecco, fa un po' rabbia vedere come certe città riescano a passare con disinvoltura da un grande impianto sportivo all'altro, quando in Italia abbiamo Roma che non ce la fa nemmeno a gestire l’ex PalaLottomatica né a tirarne su un altro, fosse pure temporaneo, per ospitare le sue squadre di serie A2, costrette a emigrare addirittura fuori provincia.
Tornando al progetto di Madrid, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, dove ad esempio la Final Four NCAA ormai da svariati anni è disputata in uno stadio di football, in Europa siamo molto meno avvezzi al concetto di arena polivalente. Un'esperienza in tal senso era stata quella di Lille, in Francia, per la fase finale di Eurobasket 2015 che trovò posto nello stadio Pierre-Mauroy, impianto calcistico trasformabile in arena coperta grazie a tetto retrattile e tribune mobili. Ripeto, a guardarle dall'Italia, queste cose sembrano di una lontananza immensa.
Slums Dunk: il playground
Come raccontavo nel numero 4 di Galis (lo ritrovi qui), la pratica di riqualificare playground attraverso la street art è sempre più diffusa e accettata, in ogni parte del mondo. Tra le ultime e più belle opere realizzate in Italia, ecco il campetto di Viale Stelvio a Milano, dietro i cui infuocati colori c'è un progetto di elevato valore sociale. Devi sapere infatti che tutto ciò è stato possibile grazie a Slums Dunk, la onlus fondata dai giocatori Bruno Cerella e Tommaso Marino, che utilizza il basket come strumento educativo creando academy in alcune delle periferie più degradate del pianeta (finora è presente in Argentina, Cambogia, Kenya e Zambia). Coinvolti finora oltre 5000 ragazze e ragazzi con meno di 18 anni. Slums significa baraccopoli e il nome dell'associazione è basato su una felice assonanza con slam dunk, schiacciata. Perché la pallacanestro può portare più di un sorriso nel sud del mondo, così come può farlo anche nei quartieri difficili delle nostre città. Slums Dunk, infatti, ha voluto donare qualcosa a Milano, realizzando un punto di aggregazione per i giovani del quartiere. La direzione artistica del progetto è stata affidata a Francesca Cassani, graphic designer e anche giocatrice. Se vuoi sostenere le attività dell'associazione, qui c'è il crowdfunding, mentre se vuoi prima saperne di più, entra qui.
Ah, non ti ho ancora detto dove trovare questo meraviglioso campetto. Se sei a Milano, vai ai giardini di Viale Stelvio, all'angolo con Via Paolo Bassi (Municipio 9).
Shootaround – consigli di lettura, ascolto, visione, condivisione
Di Space Jam. A New Legacy – o New Legends, nella versione italiana – avrò modo di parlarti meglio nel prossimo numero, in vista dell'uscita del film nel nostro paese. Io lo vedrò al cinema dopo il 23 settembre, punto. Voglio risparmiarmi il più possibile anticipazioni e spoiler. Intanto, però, ci sono alcune cose carine da dire.
La prima è la stupenda cover di SLAM, il magazine di culto per chi segue il basket americano. E qui c'è tutto un servizio sulla nascita del film (in inglese).
La seconda è un mio post in cui presento il quintetto dei “cattivi”, la Goon Squad, composto da gente di cui hai sicuramente sentito parlare. Per saperne di più entra qui, dove trovi anche un'esauriente risposta alla tua eventuale domanda: “Cosa diavolo vuol dire goon?”.
La terza è che c’è un illustre quintetto di doppiatori italiani. Scopri qui chi sono. Anzi, uno te lo anticipo io: Flavio Tranquillo. Ma se anche nel film lo sentirò dire “palo” e “gol” in una telecronaca di basket, come fa su Sky, potrei essere seriamente tentato di lasciare la sala…
La quarta (e ultima) è che, secondo quanto riferisce Il Post, i critici avrebbero già stroncato Space Jam. A New Legacy. Ma di solito queste cose sono un po' come i pronostici e non dovrebbero influire sul risultato finale, che in fin dei conti sarà sempre molto soggettivo.
Lasciamo ora il Server-Verso e torniamo sulla Terra.
I Giochi Olimpici sono in corso. Tuttavia, al di là di come vada a finire, per l’Italia credo che il successo di Belgrado non vada mai dimenticato: leggere il bel racconto di Ennio Terrasi Borghesan su L'Ultimo Uomo è un buon modo per tenere vive certe emozioni.
Pochi giorni più tardi un'altra Nazionale, quella di calcio, avrebbe compiuto un’altra impresa: sbancare Wembley e diventare campione d'Europa. L'eco di Londra ha raggiunto anche il mondo NBA, dove per contrappeso ci sono molti appassionati di calcio: NBA Religion ha raccolto un po' di tweet importanti.
Intanto, se ti chiedi perché gli australiani del basket sono soprannominati Boomers (ma solo gli uomini), te lo spiego qui.
Già che ci siamo: Matisse Thybulle dei Philadelphia 76ers, naturalizzato australiano, ha ripreso il suo vlog con i video Road to Tokyo.
E questa è l'arena unica dei tornei di basket 5vs5 a Tokyo 2020 (il 3vs3 si gioca da un'altra parte).
Nello scorso numero di Galis parlavo giusto del nuovo pallone ufficiale NBA: Jesse Washington compie interessanti riflessioni in merito su The Undefeated (in inglese).
Una svolta storica in NCAA: gli studenti-atleti potranno finalmente trarre guadagno dai loro diritti d'immagine. Riccardo De Angelis di BasketballNCAA.com spiega come funziona il NIL.
Intanto in Italia l'Aquila Basket Trento ha lanciato, oltre a un podcast, il video di presentazione della stagione di EuroCup con l'orchestra I Filarmonici di Trento sulle note dell'Inno alla Gioia e con le bellezze della città come sfondo.
Un po’ più a sud, la Capitale ci riprova: è nata la Virtus Roma 1960. Promotori di tutto lo storico capitano, oggi coach, Alessandro Tonolli, e Maurizio Zoffoli, il presidente della Petriana, club dalla lunga tradizione. Si parte dalla C Gold e dalle giovanili. Lorenzo Bottini de L'Ultimo Uomo ha incontrato “Tonno” per avere un’idea su cosa bolle in pentola.
A Salerno c'è il progetto del nuovo palasport. Ed è bello. Ne parla Archistadia.
Restando in Campania: il grande street artist Jorit ha portato LeBron a Casapulla, vicino Caserta. Qualcosa da aggiungere? Io no.
Su Prime Video è arrivata La Familia, una docuserie sui successi della Nazionale spagnola di basket dal 1984 al 2019: guardala qui.
Michele Pettene, sul suo profilo Instagram @thejuiceambassador, ci mostra un canestro sperduto in Islanda fotografato da tutte le angolazioni possibili. Ecco il post.
Qui trovi le migliori arene d'Africa secondo il sito ufficiale della FIBA (in inglese).
Ashton Edmunds di ESPN presenta Laynie Hails, artista di Atlanta la cui ispirazione è... Trae Young (in inglese).
È sempre bello, soprattutto ora, rivedere Finding Giannis, il documentario di TNT su come Antetokounmpo è diventato Antetokounmpo.
Se poi vuoi sapere quali sono i simboli sportivi e pop di Milwaukee, te li dice Mario Salvini de La Gazzetta dello Sport in questo articolo del 21 luglio, pubblicato anche sul suo bellissimo blog Che Palle!
Di nuovo su SLAM, uno straordinario pezzo di Franklyn Calle (in inglese) su come alcuni dei più noti tornei estivi all'aperto degli Stati Uniti, quali la Goodman League di Washington e la Dyckman League di New York, hanno affrontato lo stop causato dalla pandemia e le sue conseguenze sulle comunità locali.
Le newsletter sono il futuro del giornalismo sportivo? Francesco Caligaris di Rivista Undici lo ha chiesto a quattro autori di newsletter di successo: l'articolo è questo.
Hai avuto modo di vedere Tornare a vincere, il film di basket con protagonista Ben Affleck uscito durante il lockdown solo sulle piattaforme streaming? A me è piaciuto molto, l'ho recensito qui (no spoiler). E trovo molto commovente la scena finale.
Per finire, ammira questo quadro dell'artista Federica Biondi, condiviso da Chiara Mezzini. Non lo attaccheresti immediatamente in salotto?
Conclusioni
Prima di lasciarti alla tua giornata in spiaggia, o passeggiata in montagna, o tuffo in piscina, vorrei raccontarti qualcosa di più su di me e sulla mia passione per il basket, visto che finora qui su Galis l'ho fatto in modo frammentario.
Che sono un giornalista, penso che tu lo sappia già. Non vivo di basket, purtroppo, almeno in questa fase. Né so se avrò occasione di farlo ancora o se mi limiterò a portare avanti le mie attività personali ad esso dedicate, come mero passatempo. In carriera – cioè in 19 dei miei attuali 39 anni – mi sono sempre occupato di sport e cultura, riuscendo solo in alcuni frangenti a far coincidere il lavoro con l'amore per la pallacanestro e lo sport in genere.
Niente di eccezionale, in realtà. Per circa dieci anni ho seguito le minors del Lazio per quotidiani e testate locali, sia cartacee che digitali. Da quella che una volta si chiamava B2, dove tra l'altro mi capitò di vedere un diciassettenne Andrea Bargnani in maglia Stella Azzurra Roma, fino a campionati come Promozione o Prima Divisione, le categorie che fanno le fortune della mitica pagina Facebook L'umiltà di chiamarsi Minors. E che erano il livello a cui ho giocato anche io, fino a un po' di anni fa. Mi sono occupato inoltre di basket femminile, dalla serie A1 in giù. Questo fino al 2012, più o meno. Insomma, gavetta allo stato puro, senza particolari momenti di esaltazione e nulla che lasciasse davvero il segno.
In seguito, vicende di vita e lavoro mi hanno allontanato dal basket, ma il richiamo è stato così forte che circa cinque anni fa decisi di riprovare a cimentarmi con la pallacanestro. Però, quella locale non mi interessava più: così, avendo buona competenza di NBA ed Eurolega, ho avuto modo di scrivere su alcuni siti specializzati.
Certo, non era la stessa cosa che stare sul campo. Forse neppure qualcosa che si potesse definire giornalismo. E gratis o quasi, per giunta, tra l'altro non senza bocconi amari. In ogni caso, ho messo su un portfolio di oltre 100 articoli (guardalo qui), di cui i migliori, insieme a un po' di inediti, sono finiti nel mio libro Il parquet lucido, uscito ad agosto 2020 per Ultra Sport. Il mio tributo personale al basket, una galleria di personaggi, squadre e vicende che hanno lasciato un segno indelebile sul gioco, che puoi acquistare in libreria in tutta Italia o sui principali store online (qui su Amazon).
Questo, grosso modo, è il mio percorso nel giornalismo di basket, o presunto tale. Se vuoi sapere tutto, ma proprio tutto, su cosa faccio, ti rimando al mio sito personale: non voglio annoiarti ulteriormente.
In parallelo a tutto quello che ti ho raccontato, ci ho aggiunto Never Ending Season, il mio blog. Quando è nato? Tecnicamente a ottobre 2015, ma lo porto avanti con costanza da luglio 2019, quindi da poco più di due anni. Se hai seguito Galis con attenzione, o conosci bene il sito, ti è già chiara la mia linea editoriale: esplorare le connessioni tra la pallacanestro, la società contemporanea e la nostra vita quotidiana. Raccontare il legame tra pallacanestro e design, cultura pop, libri, cinema, letteratura, media, luoghi, musica ecc. Niente breaking news, mercato, highlights, analisi tecnico-tattiche: ne siamo già pieni.
Ti svelo un segreto, che segreto poi non è, forse solo un qui pro quo: molto spesso ricevo complimenti al plurale, come se ci fosse una redazione insieme a me. Neanche per sogno: solo soltanto io a portare avanti tutto quello che leggi su Never Ending Season, su Galis e sulle pagine Facebook e Instagram. Compresi i contenuti speciali che si ripetono ciclicamente ogni settimana: Motivation Monday, Kobe Tuesdays, merCOVERdì, Throwback Thursday e quello che considero il mio gioiellino, NEW (Never Ending Week), il post sfogliabile su Instagram in cui ogni sabato propongo quattro news di basket e lifestyle, sul modello di Torcha.
Faccio tutto per passione, non abbandonando il sogno di stare nel mondo del basket e la speranza che qualcuno mi possa notare e interessarsi alle mie attività.
Ti sei mai chiesto perché il nome Never Ending Season? Presto detto: il basket non si ferma mai, è una stagione continua, senza fine. Ci accompagna nella nostra vita. Uno sport diffuso, seguito, praticato su scala globale. E con un ruolo importante nella cultura contemporanea. Mi sono ispirato al titolo di un noto album di Bob Dylan, Never Ending Tour. Never ending si scriverebbe tutto attaccato o con un trattino in mezzo, ma a me piace così, nella versione meno diffusa, e se lo ha fatto Bob Dylan lo posso fare anche io...
In realtà, ha anche a che fare con il modo in cui concepisco la mia vita di tutti i giorni, che è sempre stata ispirata dalla mentalità sportiva. Questa, però, è un'altra storia.
Ci vediamo il 31 agosto! Ciao!
(e no, Galis non va in vacanza, è instancabile come lo era Nikos sul parquet)