WNBA for dummies
#41 – Basket, cultura, lifestyle: qui trovi info e curiosità sulla NBA femminile, un libro su Priolo e lo Shootaround
Ciao, qui sopra Ben Simmons al Met Gala. L'orologio serve a contare i minuti giocati nelle ultime stagioni... Si scherza, eh! Ora è meglio parlare di donne.
Io sono Francesco Mecucci e questo è il numero 41 di Galis, la newsletter del mio blog Never Ending Season, dove ti racconto il basket come cultura e stile di vita.
Nella scorsa uscita – se l'hai persa, rimedia qui – oltre a festeggiare il “quarantello” della presente, ho scritto di quella volta di Michael Jordan a Trieste e ti ho mostrato l'immagine di un playground californiano scattata da un fotografo tedesco: il basket è ovunque e senza confini, sempre.
Oggi tocca invece alla pallacanestro femminile, perché oltre Caitlin Clark c'è di più. Verso il fondo trovi anche l'abituale Shootaround, la rubrica in cui ogni mese consiglio contenuti a tema basket apparsi su web e social.
Ringrazio al volo il team di Rinascita Basket Rimini per la bellissima esperienza di SporTeam Academy, di cui ti dirò qualcosa il 30 giugno, nel prossimo numero.
Ora torniamo a noi e, per cominciare, facciamo un salto indietro nel tempo.
Nel segno della W
Il 20 aprile 1981, a Omaha, le Nebraska Wranglers con 39 punti di Rosie Walker sconfiggono le Dallas Diamonds, conquistando il loro primo e unico titolo. Per le avversarie nulla può la futura Hall of Famer Nancy Lieberman, appena 12 punti per lei. Hai idea di cosa ti sto parlando? Della Women's Professional Basketball League, abbreviata in WPBL o WBL. La prima lega professionistica femminile di basket negli Stati Uniti. Che quel giorno vede disputare la sua ultima partita.
Le giocatrici di Nebraska dedicano il successo a una loro compagna, Connie Kunzmann, che circa due mesi prima era stata assassinata a colpi di chiave da gommista e gettata in un fiume da un uomo con cui usciva, tale Lance Tibke. Una storia alquanto triste, e in generale sulla condizione femminile dell’epoca non è che ci sia molto da gioire.
Gli Stati Uniti hanno approvato da soli nove anni, nel 1972, la prima legge sull'uguaglianza di genere nello sport, ma è facile immaginare che, nella realtà dei fatti, rimanga spesso solo sulla carta. Il torneo olimpico di basket donne è introdotto appena dal 1976. Nei licei e nelle università il budget per la pratica sportiva delle ragazze rappresenta percentuali minime. Se a ciò si aggiunge che la pallacanestro è giocata in prevalenza da afroamericane, allora tutto si spiega.
Questo è lo scenario in cui, nel 1978, dall'intuizione di un imprenditore di nome Bill Byrne nasce la WPBL. Le basi economiche e sociali su cui si fonda, però, sono e rimangono a dir poco traballanti. E il gioco, forse non così bello, dura poco. La prima palla a due il 9 dicembre a Milwaukee, tra le padrone di casa Does – “Cerve”, del resto lì gli uomini sono i Bucks, “Cervi” - e le Chicago Hustle. L'ultima, quella della finale 1981 tra Nebraska e Dallas.
La lega, infatti, dura solo tre stagioni, di cui le prime due vinte da Houston Angels e New York Stars. Bersagliata da incessanti difficoltà finanziarie, poco seguita, con franchigie che vanno e vengono senza soluzione di continuità, la WPBL chiude bottega lasciando ricordi piuttosto sbiaditi e il sorriso che oggi rievocano nomi pittoreschi quali California Dreams o Dayton Rockettes o soprannomi come “Machine Gun” (“Mitragliatrice”), affibbiato a Molly Bolin, la prima cestista americana a firmare un contratto professionistico.
Byrne ci riprova nel 1984 fondando la WABA (Women's American Basketball Association), che però fa ancora peggio: sei squadre e una sola stagione. Stavolta Nancy Lieberman, sempre con le Dallas Diamonds, vince il titolo. I tentativi di portare il professionismo nel basket femminile made in USA riprendono nel 1993 con la WBA (Women's Basketball Association), ma anche in questo caso non si va oltre tre anni. Lieberman non c'è: tuttavia poco dopo, nel 1997, scenderà in campo a 39 anni con le Phoenix Mercury nella stagione inaugurale della WNBA.
Mi è sembrato opportuno, non certo per fare sfoggio di nomi e date, raccontarti l’antefatto dell'attuale lega femminile che, sotto l'egida della NBA, sta disputando la sua stagione numero 28. Per farti intuire quanto oggi la situazione sia diversa rispetto a quelle pionieristiche avventure. Ora tutto fa presagire che la WNBA stia per spiccare definitivamente il volo, con l'auspicio che sappia alimentare non solo il business ma anche una parità di genere sempre più garantita sotto ogni aspetto.
Intanto, che tu segua già la pallacanestro rosa o sia un totale neofita, ti scrivo un po' di cose da sapere sulla WNBA, andando oltre l'aspetto tecnico, perché come sai Galis è una newsletter che racconta il basket fuori dal campo.
La sorellina
La WNBA è una “sorella minore” della NBA, molto più giovane e ancora piccola, ma che cresce a vista d'occhio. Ha abitudini differenti dai “fratelloni”: gioca d'estate, come baseball e calcio MLS. Perché nel resto dell'anno, da autunno a primavera, il main stage è di NBA, NFL e NHL, e sai anche tu che il marketing sportivo americano vuole coprire i dodici mesi in modo omogeneo. La WNBA è molto... femminile: ha una commissioner, ovviamente donna, che si chiama Cathy Engelbert e in maggioranza donne sono i coach, un aspetto inusuale per l'Italia e l'Europa.
È più breve e circoscritta della NBA, per cui potresti trovarla più facile da seguire: 12 squadre, regular season da 40 partite, da metà maggio a metà settembre, playoff con otto squadre in tre turni (il primo al meglio delle tre gare e i successivi delle cinque) e finali non oltre il 20 ottobre, giusto in tempo per l'inizio dei maschi. Il Draft è ad aprile, l'All-Star Game verso metà luglio e – attenzione – ogni quattro anni si osserva una pausa di quasi un mese per i Giochi Olimpici. Si usa il pallone più piccolo, quello di taglia 6, a spicchi bianchi e arancioni per un bell'effetto ottico. Le partite durano 40 minuti, uguali all’ambito FIBA, e non 48 come in NBA.
Le meravigliose 12
Le franchigie sempre presenti dal 1997 a oggi sono tre: New York Liberty – la squadra di Sabrina Ionescu e Breanna Stewart, la più glamour, torcia della Statua della Libertà nel logo e divise Tiffany blue – Los Angeles Sparks e Phoenix Mercury, spin-off di Lakers e Suns. Ma c'è “tradizione” anche a Washington con le Mystics (dal 1998) e nel Minnesota con le Lynx (dal 1999). Le Connecticut Sun, non lontane da New York, sono la squadra dei... Mohicani. Sul serio: appartiene alla tribù nativo-americana, quella del romanzo e del film, e gioca nell'arena interna al Mohegan Sun, un grande casino a Uncasville, cittadina che prende il nome proprio dal capo mohicano Uncas.
Poi ci sono Indiana Fever, oggi in subbuglio per Caitlin Clark, Dallas Wings e altre due con nomi bellissimi: Atlanta Dream e Chicago Sky. Ho lasciato per ultime Seattle Storm e Las Vegas Aces: le città dove probabilmente si espanderà la NBA nei prossimi anni, a livello femminile invece sono già tra le più vincenti. In particolare, le Aces di coach Becky Hammon sono le favorite assolute, campionesse in carica da due stagioni e all'inseguimento del three-peat. E sono anche il club più giovane, dal 2018, nonostante sia frutto del trasferimento a Las Vegas delle San Antonio Stars.
Hype up!
Dal punto di vista economico, c'è un abisso tra NBA e WNBA. 10 miliardi di ricavi annui contro 200 milioni. Il tetto salariale di ogni team femminile è poco più di 1.400.000 dollari e gli stipendi delle giocatrici più importanti superano appena i 200.000. Per farti un'idea, Victor Wembanyama ha preso oltre 12 milioni nella sua prima stagione NBA, l'equivalente del monte stipendi complessivo dei tre quarti delle squadre WNBA. Caitlin Clark, nella stagione da rookie, riceverà dalla lega solo 76.500 dollari. Anche se lato sponsor è un altro discorso: Nike è pronta a ricoprirla d'oro. È proprio lo sfrenato hype attorno alla ventiduenne da Iowa che potrebbe far compiere alla WNBA un balzo enorme in termini di sponsor, merchandising, diritti tv e – in una parola – soldi.
Anche perché Clark non è sola: fa parte di una generazione di atlete – dalle giovani ma affermate Sabrina Ionescu e A'ja Wilson alle matricole Cameron Brink e Angel Reese, per non parlare della futura Paige Bueckers – ben spendibili a livello di immagine e marketing. La rivalità tra Clark e Reese, che ha infiammato le ultime stagioni di college, potrebbe essere cavalcata pure tra le professioniste, un po' come fece la NBA con Magic Johnson e Larry Bird. Intanto, per dirne una, la WNBA sta introducendo i voli charter per le trasferte (sì, finora giocatrici e staff viaggiavano solo su normali voli di linea). E c'è l'obiettivo di espandersi a 16 squadre entro il 2028: il prossimo anno debuttano le Golden State Valkyries, espressione degli Warriors, e nel 2026 una squadra a Toronto, per il primo sbarco in Canada.
Le squadre scomparse
Dal punto di vista economico, fino ad oggi la WNBA non è stata tutta rose e fiori. Come ogni lega sportiva “acerba”, ha dovuto fare i conti con varie difficoltà, tanto che in 27 anni si contano già svariate franchigie scomparse o trasferite altrove. Ad esempio non esiste più quella che era riuscita a creare, a livello femminile, l’unica vera e propria dinastia, le Houston Comets, vincitrici delle prime quattro stagioni dal 1997 al 2000 e assenti dal 2008. Della stagione inaugurale – otto squadre in totale; di New York, L.A. e Phoenix già sai, di Utah ti dico tra poco – facevano parte anche Cleveland Rockers (fino al 2003), Charlotte Sting (fino al 2006) e Sacramento Monarchs (fino al 2009).
Appena tre stagioni sono durate Miami Sol e Portland Fire, dal 2000 al 2002, mentre i trasferimenti hanno riguardato le Utah Starzz – diventate San Antonio Silver Stars, in seguito solo San Antonio Stars e oggi Las Vegas Aces, che stanno provando a costruire un’altra dinastia – le Detroit Shock (poi Tulsa Shock e oggi Dallas Wings) e infine le Orlando Miracle, dal 2003 Connecticut Sun. Il mio logo preferito era quello delle Cleveland Rockers, un omaggio alla Rock & Roll Hall of Fame che ha sede nella città sul lago Erie, con la “R” a guisa di chitarra elettrica.
Donna vuol dire scarpe
La Molly Bolin della WNBA – cioè la prima atleta a firmare un contratto pro – è stata Sheryl Swoopes. Ed è stata anche la prima ad avere una scarpa personalizzata, già dal 1995, prima ancora della fondazione della lega. Dopo di lei, è toccato a Rebecca Lobo, Lisa Leslie, Dawn Staley, Cynthia Cooper, Nikki McCray, Chamique Holdsclaw, Diana Taurasi, Candace Parker, Breanna Stewart, Elena Delle Donne e Sabrina Ionescu. Le prossime saranno A'ja Wilson e Caitlin Clark. In realtà non così tante, ma con la nuova generazione di talenti il numero delle signature shoes è destinato a salire presto e i brand sportivi lo hanno capito.
Anche le vendite di canotte da gioco stanno schizzando verso l’alto. Nel 2023 le jerseys più vendute sono state quelle di Sabrina Ionescu, A'ja Wilson e Kelsea Plum. In top ten anche Sue Bird e Candace Parker, recentemente ritiratesi, Elena Delle Donne, al momento inattiva, Diana Taurasi (che a 42 anni è la grande veterana della WNBA), Betnijah Laney, Breanna Stewart e Arike Ogunbowale. La lega è infine in crescita sotto il profilo del glamour. Ad esempio, Angel Reese ha annunciato la scelta di dichiararsi al Draft sulle pagine di Vogue. Oppure: la WNBA ha stretto una partnership con SKIMS, brand di intimo fondato da Kim Kardashian.
Le azzurre ieri e oggi
Ad oggi, sono due le italiane a vestire una divisa WNBA, a cui se ne aggiungerà in seguito una terza. La più nota ed esperta è la ventottenne pavese Cecilia Zandalasini, in forza alle Minnesota Lynx e in Italia alla Virtus Bologna. È tornata a varcare l’oceano quest’anno in seguito alle esperienze nel 2017 e 2018 - in un’occasione segnò un buzzer beater contro le New York Liberty - e dopo essere stata fermata nel 2019 da un infortunio e nel 2020 dalla pandemia. Poi c’è, alle Atlanta Dream, Lorela Cubaj, 25 anni, ternana di origini albanesi e diciottesima scelta al Draft 2022. La raggiungerà Matilde Villa, la sorprendente play brianzola classe 2004, selezionata quest’anno al numero 32 e fresca vincitrice dello scudetto con la Reyer Venezia, che però ha scelto di rimandare il suo arrivo in WNBA.
Zandalasini e Cubaj ricoprono al momento ruoli da comprimarie, Villa vedremo, ma considerando il non eccelso livello del basket femminile italiano negli ultimi anni, avere tre rappresentanti in WNBA è un risultato di tutto rispetto. A precederle, in passato, sono state la leggendaria Catarina Pollini (1997, Houston) e quindi Susanna Bonfiglio (2002, Phoenix), Laura Macchi (2004, 2005, Los Angeles), Raffaella Masciadri (2004, 2005, 2008, Los Angeles), Francesca Zara (2005, Seattle), Kathrin Ress (2007, Minnesota).
WNBA Flash
Cinque squadre su dodici (Liberty, Fever, Lynx, Mercury, Sparks) condividono l'arena con una squadra NBA, le altre sette utilizzano impianti diversi. Il più piccolo è la Gateway Center Arena di College Park, Georgia (3500 posti, casa di Atlanta), il più grande il Target Center di Minneapolis (19.356, anche casa dei Timberwolves).
Allo stesso modo, non tutte le squadre WNBA appartengono direttamente a franchigie NBA, ma sette di esse hanno proprietà indipendenti: Aces, Dream, Sky, Sun, Sparks, Storm e Wings.
Se il logo NBA è, almeno in via ufficiosa, la silhouette di Jerry West, quello della WNBA non è ispirato a nessuna giocatrice e si chiama semplicemente Logo Woman. È stato scelto da un novero di 50 differenti proposte.
In WNBA l’In-Season Tournament esiste dal 2021 e si chiama Commissioner's Cup. La formula è simile a quella poi adottata dalla NBA: 10 partite di regular season con l’asterisco valide anche per la coppa e finale secca in agosto in campo neutro. Finora hanno vinto Seattle Storm (2021), Las Vegas Aces (2022) e New York Liberty (2023).
Come forse hai già intuito, le atlete WNBA sono libere di “arrotondare” giocando in Europa o altrove nella stagione invernale. Con la crescita di stipendi e sponsor, questo fenomeno potrebbe diminuire nei prossimi anni.
Prima ti ho detto che Sheryl Swoopes fu la prima a firmare un contratto WNBA. Chi ha segnato, invece, il primo canestro della storia della lega? Penny Toler delle Los Angeles Sparks, vista anche in Italia.
I miei loghi preferiti delle franchigie WNBA attuali sono quelli di Indiana Fever, Minnesota Lynx, Chicago Sky e Dallas Wings.
Le Phoenix Mercury giocheranno - mai successo prima in WNBA - su un parquet abbinato a una divisa alternativa, la Rebel Edition. Il design riprende il motivo di The Valley, il gradiente pixellato con le tonalità del tramonto già utilizzato da alcuni anni dai Suns in NBA. La "X" colorata è un omaggio a The X-Factor, la fan base di casa.
Phoenix ospita anche l’All-Star Game 2024 e, ancora a proposito di loghi, è stupendo.
E dall’America è tutto.
Miracolo tra le ciminiere
Parecchie squadre che hanno fatto la storia del basket femminile italiano sono scomparse o navigano da anni nelle categorie inferiori. Da Vicenza, pluridecorata regina italiana ed europea degli anni Ottanta, alla Comense che sfoggiava un affascinante 1872 come anno di fondazione; da Parma, per tanti anni simbolo di solidità, ai fugaci ruggiti di Taranto e Napoli negli anni 2000. Ma la storia più romantica viene dal profondissimo sud, dalla parte meridionale della Sicilia, ed è quella della Trogylos Priolo di coach Santino Coppa.
Oggi fa strano pensarlo, ma la squadra di questo paese di poco più di diecimila abitanti in provincia di Siracusa, Priolo Gargallo, fiaccato dallo scirocco e appestato dal polo petrolchimico dell'ISAB (oggi Lukoil), ha vinto due scudetti e una Coppa dei Campioni (oggi EuroLeague Women), giocando in un palazzetto capace di contenere quasi la metà della popolazione locale. E che, purtroppo, è stato praticamente abbandonato dopo la fine del club bianco-verde.
L'epopea della Trogylos - un nome "archeologico", è quello di un villaggio preistorico rinvenuto nella zona - è diventata finalmente un libro, A Priolo non c'era un canestro. Sottotitolo: Trogylos, un miracolo tra le ciminiere. Autore Santino Coppa, con il giornalista Domenico Occhipinti. Proprio lui, il "santone" delle difese miste e delle rimonte impossibili, artefice e dominus assoluto di una squadra guidata per oltre 40 anni (fatta salva la stagione 2003-04 in cui tentò l’avventura a Schio).
Il volume ripercorre l’epopea del club siciliano a 35 anni dal primo tricolore, conquistato nel 1989 e seguito nel 1990 da un’incredibile Coppa dei Campioni vinta a Cesena contro il CSKA Mosca. Dieci anni più tardi, nel 2000, il secondo scudetto e ancora nel 2006 una finale persa con Schio. Agli ordini di Coppa, giocatrici che hanno lasciato un segno quali Lynette Woodard, Pina Tufano, Susanna Bonfiglio, Sofia Vinci, Florina Pascalau, Tari Phillips e tante altre. La Trogylos ha detto basta nel 2014 dopo 28 stagioni consecutive in A1 e da allora, nonostante un paio tentativi di ripartenza, di fatto non c'è stato più nulla.
Motivazione, riscatto, tattica, disciplina sono le parole chiave su cui si fonda una storia per certi versi inimmaginabile. Attraverso testi e foto, questo libro vuole ricordare quanto la pallacanestro, per Priolo Gargallo, sia stata molto più di un semplice sport. Un bagliore tra il grigio dello stabilimento petrolchimico. Momenti di aria pulita tra i mefitici fumi delle ciminiere. La piccola grande rivincita di una terra dimenticata.
E se ti chiedi cosa faccia oggi Santo Coppa da Ragusa detto Santino, be’, fa quello che gli riesce meglio: allenare. A 74 anni, si è appena laureato campione di Malta sulla panchina della Luxol, nella locale serie A femminile. Perché quando uno la vittoria ce l'ha nel sangue, e dopo una carriera del genere, va bene tutto.
Shootaround – Consigli di lettura, ascolto, visione, condivisione
È il momento di parlare anche dei tunnel fits della WNBA, no? Ecco quelli scelti da Hannah Jackson di Vogue.
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Un'interessante analisi sociologica del fenomeno Caitlin Clark e dello sport americano a cura di Moris Gasparri: leggila su L'Ultimo Uomo.
Una lista di creator e giornalisti che si occupano di WNBA, selezionati e intervistati da SLAM. (in inglese)
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Il 22 e 23 giugno a Parigi la nuova edizione del Quai 54 allo Stade Pierre de Coubertin.
Dal 21 al 30 giugno a Pesaro il 12° Campionato Europeo di Maxibasketball organizzato da FIMBA: tutte le info qui.
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